di Francesco Amodeo
Le frasi che vanno per la maggiore da alcune settimane in TV, ripetute da tanti come fossero mantra, sono: “Draghi è un personaggio di alto profilo”. “Draghi è una persona competente”.
Fin qui non ci piove. Ma la competenza ed il profilo autorevole di una persona sono una risorsa per coloro, di cui porta avanti gli interessi. Per gli altri diventano un’arma puntata addosso contro la quale diventa sempre più difficile difendersi. Allora invece di concentrarci sull’indubbia autorevolezza di Mario Draghi e sulla sua indiscussa competenza, dovremmo chiederci: le userà a favore o contro i popoli? a favore o contro i lavoratori? a favore o contro gli interessi nazionali? Questo a noi deve importare. E non possiamo avere risposta più attendibile se non giudicandolo da come si è già comportato in passato, quando gli interessi dell’Italia, si contrapponevano agli interessi di quelle élite finanziarie, di cui lui è autorevole espressione. Non dimentichiamo che Mario Draghi proviene dal Gruppo dei 30 il più esclusivo dei Club dei membri delle élite della finanza internazionale, non viene certo da un sindacato dei lavoratori, quindi il problema dobbiamo porcelo. Questa competenza a disposizione di chi vuole metterla?
Nel 1992 a bordo dello yacht dei reali inglesi, il Britannia, nella conferenza per le privatizzazioni, quella sua competenza la usò per permettere, alla spietata e controversa banca d’investimenti americana Goldman Sachs, di fare affari d’oro. Ed infatti, fece poi carriera in quella stessa banca. Col senno di poi si possono analizzare i dati. Quelle privatizzazioni del 92 furono un disastro per il paese, una vera e propria svendita. Ultimamente ne abbiamo avuto testimonianza anche con la sciagurata gestione di Autostrade per l’Italia. Eppure Draghi in quella occasione usò la sua competenza. Ma lo fece a favore di Goldman Sachs che poi lo volle nel proprio organico. Con i derivati di stato abbiamo visto nuovamente tutta la competenza di Draghi. Ci sono banche che hanno fatto registrare introiti miliardari con quei controversi strumenti, ma per le casse dello stato si sono dimostrate delle armi finanziarie di distruzione di massa. Nel 2011 abbiamo dovuto dare 4 miliardi alla banca Morgan Stanley dove (tra l’altro) lavorava proprio il figlio di Mario Draghi. C’è stata una inchiesta giudiziaria per una clausola inserita in quei contratti che potrebbe aver causato un danno erariale incommensurabile: 4 mila milioni di euro solo per quella operazione. Draghi ancora una volta aveva esercitato, in quel settore, tutta la sua competenza ma per gli interessi privatistici del mondo bancario, che infatti lo volle poi nel ristrettissimo Gruppo dei 30, dove intanto avevano preparato il “Derivatives, practice and principles” ossia il manuale delle istruzioni dei derivati che arrivò sulla scrivania di tutti i pezzi da novanta del mondo e bancario e finanziario, che adottarono quegli strumenti senza regolamentarli come prescritto nel lavoro del G30, contribuendo a causare il più grande crack finanziario della storia moderna. Nel 2011, Draghi avrebbe potuto usare finalmente la sua competenza e la sua autorevolezza a favore del popolo italiano. Evitando che crollasse un governo democraticamente eletto e che l’Italia venisse commissariata dagli “aguzzini” della finanza internazionale. Bastava soltanto una sua frase. Invece quel “Whatever in Takes” lo pronunciò solo quando il governo crollò. Con il Quantitative Easing, e con gli atri strumenti di finanziamento adottati dalla Bce, avrebbe potuto vincolare le banche a far arrivare soldi all’economia reale, a diminuire il debito privato, ad aiutare direttamente cittadini, aziende, lavoratori. Invece ha prima vincolato le banche italiane ad acquistare i titoli di stato in pancia alle banche straniere e poi ha vincolato la Banca d’Italia a rastrellare quei titoli in pancia alle nostre banche. In pratica il debito delle banche diventava un nostro debito.
Se analizziamo il grafico del saldo Target 2 tra Germania e Italia, saltiamo dalla sedia. Ci accorgiamo, infatti, che con l’inizio delle operazioni di rifinanziamento della Bce, l’Italia è passata da un saldo positivo ad un saldo estremamente negativo. Ma quei debiti dell’Italia sono diventati crediti della Germania.
Ancora una volta la competenza di Draghi è stata mal riposta ed è servita a togliere dai guai le banche tedesche, e come dice lo stesso Mario Draghi, per salvare la moneta unica. E qui arriviamo al punto. Se la nostra idea è quella che si debba salvare l’euro, gli interessi delle grandi istituzioni finanziarie, allora serve la competenza e l’autorevolezza di Draghi. Se invece volessimo salvare gli italiani ed il paese dai danni incommensurabili del sistema che l’euro ci impone e dalla supremazia delle speculazioni finanziarie sull’economia reale, siamo proprio sicuri che non stiamo armando il nostro aguzzino?
A me pare invece evidente che chi stia appoggiando questo governo, stia attirando gli italiani in una trappola per topi chiamata governo tecnico, usando la promessa delle future elezioni come esca al posto del pezzo di formaggio. Le forze politiche in Parlamento hanno votato la fiducia al nuovo governo. A questo proposito leggo commenti provenienti dai partiti, anche di quella che dovrebbe essere considerata l’aria sovranista che parlano delle urne come via maestra. “La parola dovrebbe passare agli italiani” però a “certe condizioni e per un periodo limitato di tempo, abbiamo deciso di dare l’assenso al governo Draghi”, dicono.
Allora chiariamo subito una cosa. Il precedente governo tecnico è stato quello di Mario Monti anche lui uomo Goldman Sachs come Draghi. Prendiamo per ipotesi, che anche in passato, avessimo imposto a Monti una finestra temporale per governare molto breve, in attesa di rimandare al voto gli italiani.
Mario Monti entra in carica a novembre 2011. Ad aprile 2012 (ossia 5 mesi dopo) viene modificata la Costituzione per inserire il pareggio di bilancio. Non si era mai visto, nella storia della Repubblica italiana, una legge costituzionale approvata in tempi così brevi, se si pensa che tra una lettura e l’altra devono passare almeno 3 mesi.
Mario Monti ratifica anche il Fiscal Compact ed il MES a luglio 2012 ( dopo 8 mesi di governo). A quel punto la parentesi di quel governo tecnico poteva anche chiudersi lì. Quello che aveva firmato in pochi mesi, aveva già vincolato per sempre l’Italia all’austerity. Qualsiasi governo venuto dopo, anche se uscito da elezioni democratiche, anche se di natura sovranista, avrebbe avuto le mani legate su tutto. Sulla spesa pubblica; sull’intervento dello stato; sulle politiche di spesa, di bilancio, sulle politiche fiscali. Tutto era stato compromesso. L’Italia in 8 mesi di quel governo tecnico passava, infatti, da Repubblica democratica fondata sul lavoro ad una tecnocrazia fondata sul pareggio di bilancio. Fine della storia.
Quando entrano in campo gli uomini Goldman Sachs il parametro tempo diventa ingannevole e irrisorio. Quello che avrebbe salvato l’Italia da Monti e che oggi potrebbe salvare l’Italia da Draghi – o comunque dalla cricca a cui entrambi appartengono – non è il fattore tempo su cui si sta concentrando la politica e l’opinione pubblica per gettare fumo negli occhi, ma sulla natura limitata del mandato. Bisognava pretendere in passato e bisogna pretendere oggi, che un governo tecnico possa svolgere solo mansioni di ordinaria amministrazione per traghettare il paese verso elezioni democratiche. Non può firmare trattati internazionali, perché non ha la legittimazione popolare per farlo. Non può firmare accordi con istituti finanziari; non può sottoscrivere vincoli o trattati. Solo ordinaria amministrazione. Provate a proporre una condizione del genere e vedrete che Draghi toglierà il disturbo. Intanto, se questa condizione l’avessimo pretesa con Monti, avrei voluto vedere quale partito si sarebbe poi presentato agli elettori affermando di voler ratificare il Mes, il Fiscal Compact, il Pareggio di Bilancio.
Chi oggi invita a sostenere il governo Draghi, purché abbia un mandato a tempo, sta trascinando l’Italia in una trappola. Punto. Sanno tutti bene che alle prossime elezioni vincerà il centro destra ed ora approfitteranno di questo intermezzo tecnico per blindare il paese. Per ingabbiare il paese. Fine della storia.
Oltretutto gli uomini Goldman Sachs hanno da sempre agito come fossero un Cartello.
Analizziamo i fatti. Nel 2011 due uomini provenienti della Goldman Sachs, Mario Monti e Mario Draghi, diventano rispettivamente, presidente del Consiglio del governo tecnico in Italia e Governatore della Banca Centrale Europea. Tutto avviene nell’arco di due settimane: Draghi il 1 novembre 2011 e Monti il 16 novembre 2011. Ma tra quelle due date, si inserisce quella di un’altra figura collegata a Goldman Sachs: Lucas Papademos diventa il presidente del Consiglio tecnico in Grecia l’11 novembre del 2011. Già la tempistica detta qualche sospetto sul legame tra i tre ma proviamo ad analizzare cosa avessero in comune e che ruolo abbia avuto la Goldman Sachs nell’intreccio.
Monti era arrivato al governo tecnico in Italia a causa della crisi dello spread indotta dalle grandi banche tra cui proprio la Goldman Sachs.
La stessa Goldman Sachs che aveva contribuito a truccare i conti della Grecia per permetterle di entrare nella gabbia dell’euro, insieme all’allora Governatore della Banca di Grecia che era proprio Lucas Papademos ed utilizzando dei derivati che chiamano in causa proprio Mario Draghi.
A denunciare pubblicamente che i conti della Grecia fossero stati truccati dalla Goldman Sachs, fu l’ex primo ministro greco Giorgos Papandreou. E sapete cosa accade dopo? Papandreou fu costretto dai “mercati” alle dimissioni e fu sostituito proprio da chi quei conti aveva contribuito a truccarli, ossia Papademos, che è stato anche vicepresidente della Banca Centrale europea.
In pratica Goldman Sachs, operando sui mercati, tra crisi indotte e conti truccati aveva piazzato nella stessa settimana, tre dei suoi uomini in posti chiave in Europa.
Queste dinamiche sono state da me ampiamente descritte e documentate nel libro inchiesta La Matrix Europea.
Draghi, come abbiamo anticipato, ebbe i primi rapporti con la banca d’affari americana nel 1992 offrendole su un piatto d’argento e a prezzi di saldo, le aziende e le banche pubbliche italiane, nella conferenza sulle privatizzazioni che si tenne a bordo del Panfilo Britannia, tra champagne e caviale, nonostante la sfarzosa minicrociera fosse stata organizzata soltanto dieci giorni dopo l’omicidio di Giovanni Falcone, con tutto il paese in lutto.
Oggi l’uomo Goldman Sachs prende in mano le redini del governo italiano. Volevo che anche voi conosceste questa storia.
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