La Scuola italiana al bivio fra conoscenza e ignoranza, realtà e finzione

L'emergenza sanitaria accellera il passaggio dalla scuola reale a quella virtuale

di Marina Mascetti (Associazione Ida Magli rivoluzionaria)

Iniziamo con la mitica frase dell’attuale “ministra” dell’Istruzione Azzolina: «Non è un travaso di conoscenze che viene fatto, gli studenti non sono imbuti (!!) da riempire». Fantastico! E allora a che cosa serve la scuola?

In teoria dovrebbe educare e formare le giovani generazioni, trasmettendo loro il sapere, la cultura e la civiltà dell’Italia e del suo popolo: storia, tradizioni, lingua, arte, e tutto il resto. Purtroppo un abisso separa l’insegnamento impartito ai ‘millennials’ di oggi da quello avuto dai ‘baby boomers’ fino agli anni ’70. Dopo il ’68, la politicizzazione ed il relativismo culturale hanno distrutto quella che era una delle migliori scuole del mondo, dove ci si alzava in piedi quando entrava in classe la Signora Maestra (adesso le danno del tu).

Nei suoi libri, la grande antropologa Ida Magli ci ha dato una chiave di lettura per capire i motivi di tale decadenza: la scuola è stata affidata per l’85% a insegnati donne, privando gli studenti di un modello di riferimento maschile e togliendo agli insegnanti quell’autorevolezza, rispetto e prestigio sociale che avevano un tempo, quando nelle scuole superiori i professori erano in gran parte uomini.

Nei primi anni ’90 Ida Magli comprese che per realizzare l‘Unione Europea (che è un tassello della globalizzazione mondialista e finanziaria), era indispensabile cancellare gli Stati nazionali e i Popoli per renderli “uguali”. E spiegava: «L’umanità ha bisogno di stimoli: nelle culture primitive l’uguaglianza non permette lo sviluppo individuale, e quindi la creatività».

La creatività e l’inventiva da sempre contraddistinguono gli Italiani da tutti gli altri: per questo vogliono cancellarle: «L’Unione Europea è un progetto “concettualmente” comunista, che elimina i confini, le nazioni, gli Stati, le patrie; riduce al minimo le differenze fra i popoli, le lingue, le scuole, le economie, concentrando il potere in pochissime mani, sulle quali i cittadini non possiedono nessuno strumento né di interferenza né di controllo. Insomma, è la fine della libertà» scriveva Ida Magli, e aggiungeva: «Biologia, chimica, fisica, letteratura, scultura, pittura, architettura, musica sono talmente contraddistinte dal genio italiano che noi neanche ce ne accorgiamo – come accade per tutto ciò che è ovvio»,

Secondo il solito mantra in neo-lingua orwelliana, l’Unione Europea opera a fin di bene per evitare “discriminazioni” anche nelle scuole. La Scuola italiana deve contribuire a formare un “uomo nuovo” europeo, apolide e privo di identità culturale; e quindi non dovrebbe insegnare (quasi) nulla del nostro grandissimo passato, delle nostre tradizioni e della nostra civiltà.

In teoria, l’uguaglianza dovrebbe dare a tutti pari opportunità per emergere, ma in pratica è stata perseguita con un generale livellamento al basso, promuovendo la selezione dei mediocri. Quindi i più intelligenti (e i più benestanti) sono andati a studiare all’estero, dove il merito viene riconosciuto: una fuga di cervelli che ha depredato l’Italia delle sue menti più brillanti. Gli altri sono stati “educati” a imparare il meno possibile: più sono ignoranti, più saranno docili e plasmabili in futuro.

L’opera di appiattimento al basso ha comportato anche la graduale eliminazione dell’identità nazionale, col pretesto dell’integrazione degli studenti stranieri. Tabula rasa! Niente valori identitari: niente Presepe (‘offende” i musulmani!), niente impero Romano (è fascista!), niente Patria (è nazionalismo!). Vanno sostituiti con “insegnamenti” ideologici filo-europeisti, su integrazione, multiculturalismo, ambientalismo. Vogliono riscrivere la Storia in chiave relativistica, cancellando il nostro punto di vista per sostituirlo con quello altrui. Ad esempio, per noi Colombo è lo scopritore dell’America, per gli “altri” è un genocida. Dipende appunto dai punti di vista, ma il nostro non conta, anzi va eliminato a priori perché è di parte – come se quello degli “altri” non lo fosse. Così si è arrivati al demenziale abbattimento delle statue di Colombo in America, con un’ondata iconoclasta oscurantista che non si vedeva dai tempi del Medioevo e di Stalin.

Lasciamo da parte i consueti argomenti orwelliani sul controllo del Passato e l’ignoranza della Storia, che condanna a ripeterne gli errori. Concentriamo invece la nostra attenzione sui possibili ed inquietanti scenari del futuro che abbiamo davanti. Da parecchi anni i Licei sono diventati diplomifici che sfornano semi-analfabeti. Le Università sono state devastate dalla sciagurata riforma 3+2 di Berlinguer. In nome dell’uguaglianza la Laurea è diventata un “pezzo di carta” (che non si nega a nessuno) con valore legale e burocratico cui spesso non corrisponde alcuna reale competenza e conoscenza.

Quali sono le prospettive dell’insegnamento in Italia dopo la totale chiusura dei mesi scorsi? Con la scusa del “distanziamento sociale” passeremo dalla scuola tradizionale a quella virtuale? Certo! E non a fin di bene…

La chiusura delle scuole causata dalla recente “pandemia” ha accelerato il processo di cancellazione della cultura e della civiltà italiana, favorendo il passaggio dalla scuola reale a quella virtuale che anticipa e presuppone quello assai più insidioso e controverso dal sapere reale – sudato sui libri, basato su ragionamento e memoria – a quello virtuale basato su Wikipedia, YouTube e le chat. Ricordiamo che “virtuale” significa “apparente”: sembra ma non è, è finto.

Si è cominciato eliminando il più possibile il rapporto umano fra professori e studenti, nel nome del politicamente corretto e delle pari opportunità. All’estero – ma ormai anche in Italia – professori e studenti non devono mai incontrarsi né conoscersi, lo studente non ha un nome ma un numero (come nei campi di concentramento, dove perdevi il tuo nome e quindi la tua identità). Niente esami orali, solo test anonimi: in teoria per evitare che gli studenti più impacciati siano discriminati da fattori negativi (emotività, timidezza) o avvantaggiati da fattori positivi (essere più disinvolti, saper argomentare, o più più banalmente essere una bella ragazza o un bel ragazzo). Si vuol negare la semplice verità delle cose, che comunque emergerà: qualcuno è più intelligente e qualcuno meno.

Il rapporto umano con gli insegnanti è una delle cose più importanti nella vita delle persone, a partire da quello con la Signora Maestra che era una “seconda mamma”. Molti studenti sono stati folgorati dall’incontro con professori eccezionali (come Ida Magli) che ha cambiato le loro vite. Ciò non deve più avvenire, perché significherebbe aprire le menti degli alunni a nuove idee, alla conoscenza, alle emozioni, al pensiero critico ed anche al dubbio.

Se diventa virtuale ed invisibile, il professore in carne ed ossa potrà facilmente essere sostituito da un robot, da un’intelligenza artificiale; mentre qualcun altro, totalmente anonimo, deciderà che cosa debba insegnare, in quale modo e con quali fini. Sappiamo tutti molto bene che il futuro di una nazione e di un popolo dipende dall’educazione delle nuove generazioni. Se verranno “educati” al più totale conformismo, senza interessi né curiosità, esaltando l’ignoranza come se fosse una virtù e condizionandoli col politicamente corretto (e le nuove “fedi” pseudo ecologiste e antirazziste) diventeranno cittadini-sudditi passivi e ideali. In cambio di qualche partita di calcio o reality show accetteranno qualsiasi cosa senza discutere: il solito Panem et circenses, che funziona da sempre.

Gli studenti potranno andare a scuola in modo virtuale, adempiendo ai nuovi comandamenti della Dittatura terapeutica imperante (©Diego Fusaro): resta a casa & mantieni le distanze. In tal modo si azzerano i rapporti sociali fra i ragazzi, anche quelli sentimentali: i primi amori sono sempre nati fra i banchi di scuola. Saranno soli, isolati e sterili, in tutte le accezioni del termine, sanitario o demografico.

Come potrà essere la nuova scuola virtuale? L’esperienza dei mesi scorsi è stata istruttiva e devastante: i professori erano impreparati, gli alunni talvolta non disponevano di computer o di connessioni. Tutto è stato fatto all’insegna della più totale improvvisazione, ma come sempre gli Italiani si sono arrangiati in qualche modo.

Scuola virtuale significherà applicare all’insegnamento quel che si è visto nel campo della Sanità. L’insegnamento pubblico (gratuito) verrà spolpato lasciandolo privo di mezzi con computer obsoleti; quello privato (a pagamento) sarà tecnologico e organizzato in modo da rispondere ai desiderata del Potere. Già adesso siti (americani) come News Guard o Fact Check oltre a garantire col loro “bollino blu“ l’attendibilità delle informazioni, propongono ai docenti e alle biblioteche testi “certificati” per l’insegnamento politicamente corretto. In realtà questa è pura e semplice censura di ciò che non si adegua al pensiero unico.

Si promuove inoltre il libro virtuale on-line: è più comodo, non occupa spazio, non pesa. Chi sceglierà i testi da mettere in Rete, censurando quelli sgraditi? (come già sta facendo Amazon con alcuni libri). Certo, avrai intere biblioteche a portata di click, ma ne basterà uno solo per cancellare tutte le biblioteche virtuali. Almeno per la Biblioteca di Alessandria o nel romanzo distopico Farenheit 451 (Ray Bradbury) ci volevano le fiamme di un rogo – così si fa prima e non si inquina col fumo.

La scuola è alla base di tutto, e Ida Magli aveva individuato nell’intelligenza e nell’inventiva degli Italiani una “variabile indipendente” imprevista, che ha permesso loro di resistere alle prevaricazioni del Potere nel corso dei secoli, e con la quale dovrà fare i conti l’insegnamento virtuale auspicato dal mondialismo.

«Gli italiani hanno trovato all’estero un’organizzazione, un ordine, un’abbondanza di mezzi che l’Italia non ha mai messo a disposizione dei pensatori, perché la Scienza è pericolosa per il Potere. Ma avere i laboratori è una cosa, avere le idee è un’altra: l’intelligenza la si possiede e la si eredita. Un vero cambiamento dovrebbe iniziare dal restituire libertà all’individuo, libertà di pensiero, di responsabilità, di coscienza, di giudizio».

Dobbiamo dunque riconquistare la libertà di insegnare e tramandare la nostra cultura e le nostre tradizioni, di avere veri rapporti umani fra studenti e insegnanti, come è sempre stato fin dai tempi di Socrate. Non siamo numeri, ma teste pensanti! Realtà e non finzione virtuale! La strada sarà lunga e difficile, ma è una sola: bisogna resistere e combattere con tutta la nostra intelligenza per mantenere la nostra identità.

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