di Sergio Pomante
Siamo nel lontano 2019, usiamo ancora il petrolio, non abbiamo auto volanti e non andiamo sulla Luna per il week-end. Molto deludente questo “futuro” per un uomo degli anni 80 a cui parlavano dei prodigi di una “imminente”, fantastica e pulita fusione termonucleare. Ma i pochi fortunati che l’hanno potuta osservare sono stati coloro che abitavano nei pressi dell’Atollo di Bikini ed erano sottovento durante il test del 1° marzo 1954. Nel mentre, il non ancora dissidente Sakharov e Tamm, progettavano la prima “Camera Toroidale con Bobine Magnetiche”, da cui l’acronimo russo To.Ka.Ma.K. Era il 1950. Questa camera serviva a confinare un plasma mediante campi magnetici inducendolo a muoversi con moto elicoidale nel centro della nostra “ciambella” per via della Forza di Lorentz. I neutroni ottenuti dalla fusione di deuterio e trizio trasportano gran parte dell’energia cinetica al di fuori del plasma, colpendo la parete interna del toroide. Sappiamo che ogni quantità di calore può essere convertita in energia elettrica con una resa del 30-35%. Quindi abbiamo bisogno di quantità di calore almeno 3 volte superiore all’energia elettrica spesa. Per ogni KW elettrico (speso) serviranno almeno 3 KW termici. L’ambizione è quella di arrivare a 10 (criterio di Lawson). Dopo quasi 70 anni siamo riusciti al massimo a produrre per una volta circa il 60% dell’energia spesa, per un secondo! Questo accadeva nel 1997 con il JET. Dopo tanti anni di ricerca tutte le criticità tecnologiche e di natura teorica sulla fisica dei plasmi sono rimaste senza risposta. L’idea che questa tecnologia possa essere controllata è un atto di pura fede. Anche a causa del fenomeno chiamato “disruptions”: la temperatura del plasma crolla nel giro di pochi millisecondi di 4 ordini di grandezza, l’energia viene dissipata caoticamente e con un meccanismo che nessun teorico riesce a spiegare. Il nostro campo magnetico non è più in grado di confinare il plasma, la sua struttura diventa totalmente caotica e la macchina viene sottoposta a forze che possono distruggerla. Sono stati spesi 200 miliardi di dollari (di denaro pubblico) senza sostanziali risultati. Per un lettore di questo giornale ciò non dovrebbe rappresentare un problema, ma, viste le universali politiche monetarie anche questo lo diventa. In realtà però la componente più importante è il fattore tempo. Quanto tempo è stato speso inutilmente e quante persone sono state coinvolte in questo rompicapo? Ovunque nel mondo abbiamo un centro di ricerca pubblico che sviluppa un qualche componente di un qualche reattore di un altro continente. Si costruiscono carriere, si da lavoro a migliaia di persone, si fanno dottorati e tesi di laurea. È un piccolo mondo parallelo che alimenta multinazionali tecnologiche ed una intera comunità scientifica. Quale ingegnosa strategia di ricerca è stata adottata? Dal primo esperimento di Sakharov all’attuale ITER (in costruzione in Francia) siamo passati attraverso apparati sempre più grandi, costosi e di difficile gestione. Ogni nuova tecnologia procede per gradi. In una fase sperimentale si ha l’esigenza di costruire apparati semplici, poco costosi ed in gran numero per poter analizzare e testare per bene ogni parametro, ogni valore, ogni geometria. Se un nuovo reattore viene costruito senza aver risolto alcun problema precedente, aumentandone le dimensioni ogni criticità aumenta e diventa assolutamente normale che passino i decenni senza ottenere nulla. Nessun attuale esperimento ha come finalità l’obiettivo di ottenere un plasma che produca più energia di quanto consumata. Sarebbe già tanto arrivare ad una fase di prima ignizione (condizione in cui l’energia di fusione sostiene la temperatura del plasma) ben lontani dal criterio di Lawson. Si prevede un primo prototipo capace di produrre energia in esubero per il 2100, auguri! Nel frattempo però ci sono state tante persone di buona volontà che hanno fatto veramente qualcosa di buono per questo sventurato pianeta!
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