Strategie per cambiare il mondo colloquio con Ugo Mattei

Come cambiare il mondo? Partendo da una analisi diversa del Diritto, abbandonando certe retoriche, e convogliando le innumerevoli energie in un progetto che abbia una visione globale.

di ReNero per Pressenza.it

Ugo Mattei (vedi biografia completa in fondo all’articolo) è una persona che riesce a mantenere vivo il contatto con l’aspetto più umano anche delle discipline tecniche e ci permette così di avere uno sguardo onesto e ampio sulla situazione attuale e sulle possibilità effettive di creare una società migliore.

Analizziamo le 3 fasi, che lei ha individuato, del processo di spoliticizzazione del cittadino.

La trasformazione da cittadino a consumatore comincia dopo la grande depressione degli anni ’30 del scorso secolo: alcuni cittadini avevano pensato di utilizzare la loro capacità di consumo per ottenere un riconoscimento politico dei loro diritti.

Il movimento nacque con i neri afro-americani di Harlem e delle zone più povere che, non avendo accesso alla vita politica, affermavano la loro presenza attraverso attività principalmente di boicottaggio, come ad esempio non andando a comprare nei negozi che escludevano la manodopera nera. Negli anni ’50 e ’60, il Movimento dei Consumatori, negli Stati Uniti ottenne dei risultati straordinari che ancora oggi ci lasciano un’eredità importante. Per esempio le lotte di Ralph Nader per la sicurezza dei veicoli o le lotte per la purificazione delle acque, hanno portato a una legislazione favorevole ai consumatori.

Successivamente i grossi gruppi economici, capito il fatto che i consumatori volevano essere riconosciuti, hanno cominciato a concedere molto al consumatore, riconoscendo il potere del consumatore critico, rispetto al cittadino ordinario. Il consumatore è stato imbonito. Dagli anni ’80, il consumatore è stato accontentato nella sua dimensione puramente materialistica e il Movimento dei Consumatori ha perso completamente la sua vocazione trasformativa. Quando è arrivato in Europa, il Movimento dei Consumatori era già un movimento indebolito e individualizzato, che metteva al centro della sua attenzione la soddisfazione del particolare consumatore e non più una visione di società differente.

L’Unione Europea ha recepito questa idea di consumatore passivo, creando uno Statuto dei Consumatori che ha contribuito a mettere al centro dell’intero impianto del diritto civile il consumatore passivo anziché quello attivo in sostituzione del cittadino. Nella seconda fase della de-politicizzazione del cittadino, facilitata dalla dipendenza generalizzata dalla rete, il consumatore diviene un prodotto di consumo.

Uno dei passaggi che ha contribuito a questa fase è stata la finanzializzazione dell’economia: il debito del consumatore è importante per il funzionamento dell’intero sistema economico.

L’accelerazione del processo si è avuta all’inizio del duemila: l’avvento della tecnologia “smart”, ha reso il consumatore importante per i dati che lascia e, quindi, per la previsione dei suoi comportamenti di consumo futuri. La terza e ultima fase di de-polticizzazione del cittadino è quella in cui il cittadino diventa paziente. E’ il tema che sto affrontando ora con lo psichiatra ed epidemologo londinese Federico Soldani. Non è più nemmeno il consumatore passivo, oggetto dell’ estrazione capitalistica, al centro della organizzazione politica. Oggi troviamo un mero paziente, infantilizzato in quanto ritenuto incapace di badare a se stesso, per di più potenzialmente contagioso e pericoloso per gli altri, da isolare.

Siamo oggi in una situazione molto ambigua. La scienza detta comportamenti e impone scelte politiche. Questo stato di emergenza permette un accentramento di potere e questa crisi porta a forzature che in condizioni di normalità non potrebbero essere mai fatte. Chi ha veramente il potere adesso?

Io non credo in una cupola di persone di potere che prendono le decisioni. Il potere nel capitalismo realizzato è un aggregato di imperativi del capitalismo stesso. In questo momento, c’è stato un cambio molto significativo che è quello della dichiarazione dello stato di eccezione da parte di un organismo scientifico: l’O.M.S. Come conseguenza di questa crisi, ci sarà lo spostamento ulteriore di gran parte del capitalismo sulle piattaforme, amplificando la migrazione su internet dei rapporti sociali. E’ evidente che c’è una coincidenza tra chi vince ora e chi negli anni ha utilizzato l’O.M.S. per rifarsi un’immagine. In particolare la Fondazione Gates e la Fondazione Rockefeller. Sono realtà che da sempre partecipano alla strutturazione di rapporti capitalistici sempre più volti alla de-politicizzazione delle scelte. Sulla base di quale legittimità rispetto al capitale accumulato Gates si permette di decidere la politica sanitaria di interi paesi del mondo?

Possiamo anche riflettere sul fatto che chi ha autorità e quindi detiene la verità poi non ha il coraggio di confrontarsi con chi la pensa diversamente. Questo in genere è il comportamento di chi mente o di chi non è sicuro del proprio sapere. È, quindi, questo continuo piegare le coscienze con shock, il giocare con la paura, un nuovo metodo di governare?

È così da un po’, secondo me. L’intera esperienza politica della modernità nasce con la paura, con il carcere, il manicomio, il terrore, le catene ostentate che sostituiscono il supplizio. Ci sono stati negli anni momenti in cui c’è stata una ripresa di valori quali la dignità o la libertà che adesso sono molto infragiliti dalla situazione tecnologica che stiamo vivendo.

Dall’altra parte, i punti di riferimento teorici di questa fase cognitiva del capitalismo sono non curanti dei valori dell’ individuo che viene ridotto a esperienza (passiva) Essi vedono nell’individuo autonomo e pensante un nemico per la dinamica dell’accumulo. Porto ad esempio il libro di Skinner, Oltre la dignità e la libertà, che è uno dei manifesti di tutta la cibernetica e della corrente di pensiero che è attualmente dominante.

Possiamo essere noi stessi solo in una dimensione soggettiva chiusa, che possiamo soddisfare attraverso ad esempio la realtà virtuale o le droghe psichedeliche, a patto di non occuparci della cosa pubblica.

La cosa pubblica viene lasciata completamente a rapporti di potere costituiti, universali, naturalizzati di fatto, proprio quelli che sperimentiamo online. Lo spettacolo del consenso.

Assistiamo alla capitalizzazione della vita: chi ha capitale si trova in una posizione monopolistica. Le grandi multinazionali della tecnologia in particolare sono oggi più forti dei governi e hanno superato per importanza secondo me le banche e le istituzioni finanziarie. Sono loro oggi i protagonisti delle grandi speculazioni finanziarie che proprio in questo periodo vedono crescere grandi colossi come Netflix, Amazon, e big Pharma a discapito dei piccoli commercianti. Saranno loro i beneficiari del fiume di denaro pubblico con cui si cercherà di fare “andare tutto bene”. I grandi progetti di infrastrutturazione tech faranno la parte dei leoni, come fu per le banche nel 2008. Questo è costituzionale?

La Costituzione è in difficoltà perché è legata a un’idea di Stato nazionale e l’idea di Stato nazionale è un’idea di Stato con dei confini. Già da molti anni abbiamo esistito alla crisi dello Stato nazionale per effetto dei processi globalizzanti da parte del capitale.  La Costituzione può essere il punto di riferimento, un catalogo valoriale che dobbiamo rendere operativo e vivo attraverso un processo politico che deve rinnovarsi sia nelle forme che nei suoi strumenti. Dobbiamo attuare un processo costituente popolare, che venga effettivamente dal basso, che sappia usare la tecnologia in modo controegemonico.

Nel nostro tessuto costituzionale, la proprietà privata è riconosciuta e garantita soltanto in quanto sia portatrice di una funzione sociale, che rimanda a un apparato valoriale che è quello solidaristico. E’ una propietà condizionata: o si comporta secondo quelle che sono delle logiche generative o non viene proprio riconosciuta.

Durante gli anni ’70, il rapporto capitale-lavoro era diverso da quello di oggi e in parte si era realizzato un equilibrio: si parlava di portare la Costituzione nelle fabbriche.

Si diceva che la fabbrica non può essere il luogo dell’esercizio totale della volontà del padrone perché la Costituzione non si ferma ai cancelli. Si portava il “fuori” (la politica) “dentro” il privato. Oggi è l’ opposto si porta la logica del privato anche nella politica. La struttura della fabbrica padronale è divenuta pervasiva, ha invaso i nostri luoghi e modi di produzione: non si lavora più con degli orari, si lavora separati uno dall’altro, si lavora sempre. E’ un capitalismo della vita.

Debord parlava della menzogna sistematizzata e del mondo alla rovescia ed è quello che sta succedendo.

L’ unica strada rivoluzionaria che possiamo cercare di percorrere è quella di inserire nel cuore delle istituzioni borghesi che abbiamo, e che sono legate al capitalismo estrattivo, una spinta generativa. Le istituzioni borghesi sono in stato di avanzata putrescenza. bisogna fare di tutto che in quel concime non nasca la malapianta del fascismo ma cresca un bell’ albero da frutta! Fuor di metafora bisogna evitare che il diritto (morente) venga sostituito piuttosto che supportato dalla logica di fatto della tecnica.

Per questo bisogna inserire “i beni comuni” nel Codice Civile italiano (che potrebbe divenire veicolo globale di queste novita’) per introdurre un contro-principio nel concetto di proprietà, dando la possibilità ai giudici e al diritto stesso di prendere in considerazione i diritti delle generazioni future, di riconoscere che alcuni beni non possono essere considerati come merci e che la logica del diritto non è la stessa del capitalismo ne’ della tecnologia.

Quello che sta capitando adesso ci impedisce di attuare questo progetto su cui molti di noi sono al lavoro da molti anni e intorno al quale il Comitato Rodotà aveva presentato la Legge di iniziativa popolare a fine 2019. Si parla come se fossimo in guerra. Ma contro chi siamo in guerra? Possiamo essere in guerra contro un virus? Sembra che la “guerra” stia diventando orizzontale, cioè il nemico è il mio vicino. Così si perde il contatto sociale, non ci si aggrega, non si può manifestare. Cosa possiamo fare? Dove e come possiamo riaprire un dialogo sui diritti costituzionali e su come adattare i valori della Costituzione al mondo contemporaneo?

La retorica della guerra non è una novità. Pensiamo alla guerra al terrorismo, la guerra alla povertà, la guerra alla droga… In guerra, tutti sono dei soldati e i soldati non obiettano: sono legati al comandante.

In questo momento si sono resi ubbidienti soldati anche i medici che stanno morendo in corsia o gli infermieri che lavorano senza il giusto equipaggiamento.

La novità “di fase”, che andrebbe colta al volo da qualche leader illuminato, fa fatica a essere ascoltata perché sommersa dalla coltre del pattriottismo militaresco. C’è in campo un pensiero potenzialmente alternativo, per la prima volta da molto tempo e che può divenire egemone: i beni comuni. È un pensiero importante che ho cercato di far emergere almeno nelle grandi linee curando il nuovo libro di Papa Francesco, La dittatura dell’ economia , per Edizioni Gruppo Abele.

Penso ad esempio al fatto che si sta riconoscendo quanto importanti siano i ragazzi che consegnano le pizze con le biciclette o i lavoratori di Amazon. Questi sono una nuova potenziale classe rivoluzionaria che, avendo una posizione indispensabile, potrebbe ottenere dei risultati importanti, se sostenuta dall’auto-organizzazione di massa e da un pensiero critico forte.

Questa auto-organizzazione, che è sempre stata una chiave fondamentale contro l’egemonia dello status quo (come diceva Gramsci), deve riuscire a utilizzare anche la rete, cosa che ovviamente è portatrice di molte contraddizioni perché essa stessa non è uno spazio di libertà.

Dobbiamo camminare per un sentiero molto stretto, quello che separa la contro-egemonia dalla cattura del discorso politico sui beni comuni, ma credo che la consapevolezza delle partite che dobbiamo giocare, la visione chiara del mondo diverso che vorremmo e il coraggio, l’entusiasmo nel cercare di realizzarlo possano fare moltissimo.

Un consiglio su cosa possiamo fare per cogliere questo momento come opportunità .

Posso dirti cosa sto facendo io.  Cerchiamo di costruire una stabile rete per i beni comuni, utilizzando il Comitato Rodotà che invito tutti a conoscere www.generazionifuture.org e a sostenere.

Facciamo diverse battaglie a-partitiche e dunque costituenti fondamentali in questa fase, come quella per il pieno riconoscimento del principio di precauzione rispetto al 5G che mette a rischio la salute, l’ ecologia, la privacy. Stiamo lavorando a un referendum per la sanità pubblica bene comune, per abrogare l’ aziendalizzazione e la privatizzazione che dal 92 hanno stravolto il modello avanzatissimo che le lotte sociali avevano conquistato col Servizio Sanitario Nazionale nel 78. Personalmente non mi sottraggo ad alcuna battaglia sui valori costituzionali e al momento sono molto impegnato nella lotta contro la censura e il pensiero unico sanitario che mette a rischio gli articoli 21 e 33 della Costituzione oltre che i pochi luoghi di diffusione di libero pensiero come il canale Byoblu di Claudio Messora.

Penso che sia importantissimo stabilire dei legami trasversali tra persone politicamente anche molto diverse ma che hanno identificato dei valori di riferimento simili.

Bisogna costituire una sorta di grande comitato di salvezza nazionale diffuso, legando persone di diverse sensibilità che però vogliono mettere dei paletti ad una deriva sociale pericolosissima di impoverimento morale e materiale generato da una classe dirigente che sembra ipnotizzata dalle sirene del nuovo ordine mondiale.

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BIOGRAFIA di Ugo Mattei

Ugo Mattei è professore di diritto civile all’Università di Torino e di diritto internazionale e comparato all’Hastings College of the Law dell’ Università della California  a  San Francisco , presso cui ricopre la cattedra di  Alfred and Hanna Fromm professor of international and comparative law . Avvocato cassazionista, è stato fra i redattori , insieme ad altri giuristi, dei  quesiti referendari contro la privatizzazione dell’acqua  e come avvocato ha difeso con successo la  vittoriosa campagna referendaria culminata col voto del 12 e 13 giugno 2011  e nelle sentenze 24/2011 e 199/2012 della Corte Costituzionale.

È professore di  diritto internazionale  e comparato all’Hastings College of the Law dell’ Università della California  a  San Francisco , presso cui ricopre la cattedra di  Alfred and Hanna Fromm professor of international and comparative law , ed è professore di diritto civile all’Università di Torino. È inoltre coordinatore accademico dell’ International University College of Turin .

È stato vicepresidente della Commissione Rodotà ed è presidente di ARIN/ABC Napoli. Fra i titoli pubblicati, ricordiamo “Beni Comuni. Un Manifesto” (Laterza 2011) che ha raggiunto l’ottava edizione, “Il saccheggio”, con Laura Nader, (Bruno Mondadori, 2010), “Contro riforme” (Einaudi, 2013), “Senza proprietà non c’è libertà. Falso!” (Laterza, 2014).

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