Molti di noi sono consapevoli del fatto che la durissima
crisi economica che affligge l’Italia da troppi anni è causata prima di tutto
dall’insieme di regole assurde e insensate a cui l’Italia si è sottoposta
aderendo ai vari trattati europei, fra le quali la moneta unica con la libera
circolazione dei capitali, l’austerità di bilancio, la concorrenza fiscale
sleale da parte di alcuni paesi europei, i troppi favori al sistema bancario
(in particolare franco-tedesco) a danno dell’economia reale italiana.
Tutto questo, naturalmente, unito alla perenne incompetenza (o mancanza di
coraggio, o di onestà) dei nostri politici, che non ci facciamo mancare da
qualche decennio.
Purtroppo questa consapevolezza non riguarda la maggioranza dell’opinione
pubblica, in quanto l’informazione mainstream è molto attenta nel non spiegare agli italiani quali
sono le vere cause della crisi
economica.
La consapevolezza non riguarda neppure la maggior parte dei nostri politici, i
quali si informano anch’essi, rigorosamente, tramite
l’informazione mainstream, superficiale e che non spiega nulla sulle cause
dei problemi economici dell’Italia.
In realtà fra le cause della crisi economica ve ne sono
altre che resterebbero anche se l’Italia uscisse dall’euro.
La questione fondamentale, infatti, non è solo ritornare ad avere una moneta
sovrana, ma è anche porre fine alle politiche di austerità, ai continui ricatti
da parte del sistema bancario-finanziario, fare in modo che lo Stato possa
disporre degli strumenti finanziari a rilanciare l’economia del paese.
Il fatto che il 95% del denaro che utilizziamo è generato tramite l’emissione
di credito da parte delle banche private, generando nel contempo un debito
superiore (a a causa degli interessi) al credito generato, è un’altra delle
cause della crisi economica.
E’ infatti noto agli esperti di economica che tutte le crisi economiche non
sono mai state innnescate dal debito pubblico, ma sempre dal debito privato. E
l’attuale sistema bancario italiano è è sempre di più di proprietà di grandi
società finanziarie internazionali e sotto il controllo della BCE.
Il ripristino di una piena sovranità monetaria in Italia, quindi, è solo uno
degli elementi che compongono la soluzione ai problemi economici del paese, di
certo non l’unico, anche se certamente necessario.
Se dobbiamo salire in cima alla montagna, che rappresenta
la ritrovata prosperità economica dell’Italia, dobbiamo scegliere accuratamente
il percorso sa seguire.
Ci sono strade più facili o più difficili da seguire per arrivare alla stessa
meta. E’ possibile seguire un percorso con minori asperità o un percorso con
maggiori difficoltà, in cui il rischio di cadere e di fallire è molto più
elevato.
Inoltre dobbiamo essere sicuri che la strada seguita ci porti veramente in cima
alla montagna, perché, se non stiamo attenti, potrebbe solo portarci un po’ più
in là, ma senza arrivare in cima ovvero senza portare l’Italia alla sospirata
ripresa economica.
Ad esempio a poco ci serverebbe ristabilire la sovranità monetaria, se
dovessimo poi continuare ad attuare le politiche di austerità e se l’andamento
della nostra economia continuasse a dipendere dalle decisioni delle lobbies
finanziarie internazionali.
Uscendo fuor di metafora, la proposta di seguire il
percorso “uscire dall’euro”
è irto di difficoltà e potrebbe non essere sufficiente a risolvere tutti i
nostri problemi.
Iniziamo a guardare con obiettività alle difficoltà.
1) La maggior parte degli italiani non è consapevole dei danni derivanti dalla moneta unica, è convinta che la permanenza dell’euro sia cosa positiva e teme il ritorno alla lira.
2) Tutti i mezzi di informazione, o quasi, da 30 anni a questa parte sono favorevoli alla moneta unica. E nessuno di quelli favorevoli all’uscita dall’euro ha il potere di modificare la loro linea di (dis)informazione.
3) Buona parte dei poteri forti europei è contrario all’uscita dell’Italia dall’euro, sia perché perderebbero la “vacca da mungere”, sia perché se l’Italia uscisse dall’euro, certamente l’euro tracollerebbe in modo disordinato, tirando giù la finanza europea e mondiale.
4) Nel caso in cui una maggioranza politica decidesse di uscire dall’euro, convertendo in lire tutto ciò che oggi è in euro (come avvenne quando passammo dalla lira all’euro nel 2002), le pressioni politiche, finanziarie, economiche e mediatiche contro la maggioranza politica sarebbero enormi. Sarebbe necessaria una maggioranza politica parlamentare di almeno il 65-70%, in modo da reggere alle inevitabili defezioni di alcuni parlamentari in quel contesto.
5) Nel caso in cui l’uscita dall’euro riuscisse, le
conseguenze sulle stabilità dell’euro sarebbero fatali, in quanto l’Italia è la
terza economia dell’Eurozona. E’ impossibile prevedere quali sarebbero le reazioni
dei vari governi coinvolti, ma è molto probabile che sarebbero scoordinate, il
che causerà gravissimi danni al sistema finanziario mondiale, innescando una
crisi economica senza precedenti.
In questa evenienza anche l’Italia, pur forte della propria nuova moneta
sovrana, ne subirebbe le conseguenze, con gravi danni all’economia del paese.
Immaginiamo quali potrebbero essere le conseguenze sulla maggioranza politica,
“rea” di avere scatenato tutto questo. Sarebbe spazzata via e ritornerebbero al
potere coloro che, per decenni, hanno supportato e sostenuto l’euro e tutte le
riforme in favore della finanza internazionale, a spese delle imprese e dei
cittadini italiani.
Non ci sarebbe nemmeno il tempo di far fruttare la sovranità monetaria, in
quanto la nuova lira verrebbe utilizzata per reintrodurre le solite politiche
di austerità e le solite “riforme” in favore delle banche, per cui l’effetto
ottenuto sarebbe l’opposto a quello sperato.
Se l’uscita dall’euro voleva essere lo strumento per
riportare il benessere economico in Italia, meta certamente condivisibile, la
scelta di un percorso troppo rischioso potrebbe portare al fallimento, con
risultati catastrofici.
La realtà è che l’Italia ha bisogno di una qualche forma di sovranità monetaria
che consenta al governo di aumentare gli investimenti pubblici e di ridurre
l’insostenibile pressione fiscale. Le famose politiche keynesiane.
L’uscita secca dall’euro non è l’unica strada da seguire, ce ne sono delle
altre, meno irte di pericoli e più facili da percorrere.
Il percorso alternativo deve prima di tutto tenere conto
della questione del sostegno dell’opinione pubblica.
Se l’obiettivo proposto è la “sovranità monetaria”, la gente non comprende
neppure di cosa stiamo parlando. Si tratta di un concetto inafferrabile da chi
da 30 anni si informa solo guardando la televisione.
Un conto è avere delle persone che partecipano ad un convegno, in cui i vari
Valerio Malvezzi, Antonio Maria Rinaldi, Vladimiro Giacchè, ecc. che spiegano
cosa è la sovranità monetaria e le ragioni tecniche per cui l’Italia ha bisogno
della sovranità monetaria per uscire dalla crisi; un altro conto è far passare
questi concetti attraverso i filtri dell’informazione mainstream, l’unica a cui
la maggior parte dei cittadini, dei politici e dei giornalisti ha di fatto
accesso.
In secondo luogo è importante comprendere che disporre
della sovranità monetaria non significa necessariamente convertire in lire
tutto ciò che ora è in euro, ma significa che lo Stato ha il potere di emettere
una propria moneta, secondo le proprie regole di emissione e secondo le proprie
regole di allocazione.
Disporre della sovranità monetaria non significa necessariamente avere la
circolazione di un’unica moneta “sovrana” sul proprio territorio. Ad esempio
nulla vieta in Italia di fare pagamenti in dollari fra privati, così come è
possibile fare pagamenti in sardex o in bitcoin.
La differenza fra l’euro, oggi moneta a corso legale, e le altre valute è che
l’euro viene accettato come valuta per il pagamento delle tasse e viene usato
dallo Stato per il pagamento dei propri creditori (dipendenti, fornitori
esterni, detentori dei titoli di stato).
Nulla vieta allo Stato di emettere altre forme di moneta e di usarle per i
propri pagamenti.
Se quelli del sardex o del bitcoin lo possono fare, a maggior ragione lo può
fare lo Stato.
Nulla vieta allo Stato di accettare per i pagamenti una nuova valuta si propria
creazione, emessa parallelamente all’euro.
Per il momento lo Stato è solamente vincolato su ciò che riguarda i propri
bilanci in euro, a causa dei trattati europei, non per quanto riguarda bilanci
in altri tipi di valute. Potrebbe quindi emettere una nuova valuta per
finanziare la ripresa dell’economia interna, continuando a rispettare i vincoli
europei per quanto riguarda i bilanci in euro. Oppure cessare di farlo,
essendosi sottratto ai ricatti di quelli che oggi detengono il monopolio sulla
moneta unica, che “unica” non sarà più.
Se la strada dell’uscita secca dall’euro è irta di difficoltà di ogni genere,
l’emissione di una valuta parallela pubblica può avvenire con molte meno
difficoltà.
Per quanto riguarda gli aspetti della comunicazione,
dovendo necessariamente passare attraverso ai mass media gestiti da giornalisti
che vedono la sovranità monetaria come una “sparata nazionalista contro
l’Europa”, presentare la nuova valuta sovrana “parallela” come una moneta
alternativa all’euro, renderebbe molto difficile la comunicazione.
Se, invece, la soluzione venisse definita non come una “moneta sovrana”, ma
come uno “strumento finanziario
innovativo per attuare la piena occupazione” oppure come “strumento per porre fine alla crisi economica“,
ci sarebbero maggiori probabilità che i giornalisti e quindi i politici e la
gente normale, comprendano di cosa si tratta e che la proposta venga presa in
considerazione nel dibattito pubblico.
Presentare la nuova moneta pubblica parallela sotto forma
di compensazioni fiscali future, un concetto che già esiste attualmente nei
rapporti fra Fisco e contribuenti e che, quindi, non è una novità, è probabilmente
il modo migliore per minimizzare le resistenze da parte della stampa,
dell’opinione pubblica e della classe politica.
Fra le proposte esistenti che vanno in questa direzione ci sono certamente
quelle dei Certificati
di Compensazione Fiscale, quelle dell’associazione Moneta Positiva e le “stato
note” proposte da Nino Galloni.
Anche i minibot di Claudio
Borghi sarebbero una moneta parallela di stato, ma hanno il “difetto” di
presentarsi con l’immagine di banconote alternative all’euro, un grave errore
di comunicazione che i mezzi di informazione non hanno perdonato.
Se la misura non porta rischi per gli investitori finanziari internazionali (rischi obiettivamente presenti in caso di uscita secca dall’euro dell’Italia), ci possiamo evitare di farci inutilmente degli altri (potenti) nemici. Ovviamente resterebbero gli speculatori della “vacca da mungere”, ma la maggior parte degli investitori finanziari vedrebbero certamente di buon occhio una ripresa economica dell’Italia e non sarebbero certamente contrari alla proposta. E non si tratta di un dettaglio trascurabile.
La messa in atto di uno strumento finanziario innovativo
per favorire la ripresa economica dell’Italia consentirebbe di stabilire
un’alleanza temporanea anche fra quelli convinti che l’Italia debba uscire
dall’Unione Europea (Italexit) e quelli convinti che non sia bene uscire
dall’Unione Europea, ma che sia necessario riformarla in profondità.
L’introduzione di una “moneta fiscale” parallela, infatti, considentirebbe da
subito di far ripartire l’economia del paese, il che sarebbe un bene per tutti,
dando maggiore forza politica al governo per attuare il successivo passaggio
politico di una eventuale uscita dall’Unione Europea o, in alternativa,
maggiore forza contrattuale per negoziare con gli alleati europei dei nuovi
trattati europei che pongano fine alle politiche neoliberiste e che mettano al
centro l’Europa sociale dei popoli.
Al di là della personale opinione di ciascuno, il fatto di poter realizzare
questa alleanza consentirebbe di disporre molto più facilmente della
maggioranza politica necessaria ad introdurre la nuova moneta parallela
pubblica e per far uscire l’Italia quanto prima dallla crisi economica.
Una volta ripristinata la sovranità monetaria, i problemi
non sarebbero affatto finiti. Ovvero: non saremmo ancor arrivati in cima alla
montagna.
Resterebbero, infatti, da risolvere ancora tutti i problemi legati al sistema
bancario, che spesso genera debito privato fuori controllo, con tutti i suoi
legami con la finanza internazionale e con il mondo della speculazione.
Da dove iniziare?
Se l’Italia uscisse dall’euro semplicemente convertendo in lire tutto ciò che
oggi è in euro, ma continuando ad affidare alla Banca d’Italia l’emissione “a
debito” della moneta e continuando ad avere il 95% del denaro circolante creato
dal sistema bancario privato mediante emissione di nuovo credito (e quindi di
nuovo debito privato), continueremmo ad essere fortemente esposti alle
“perturbazioni” della finanza internazionale.
Le proposte sopra citate di emissione di una nuova valuta parallela pubblica
sotto forma di compensazioni fiscali consentirebbero non solo di ripristinare
la sovranità monetaria, ma anche di dare vita ad un nuovo circuito pubblico dei
pagamenti indipendente da quello ella Banca d’Italia e delle banche private.
Ciascun contribuente dispone di un codice fiscale o di una partita IVA. Questi
codici non sono altro che il numero di conto corrente “unilaterale” che ciascun
contribuente già possiede presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze
(MEF).
La nuova moneta fiscale potrebbe semplicemente essere emessa dal MEF (dal
nulla!) e accreditata sul Conto Corrente Fiscale del contribuente. E basterebbe
il passaggio formale di rendere questi conti “multilaterali” per trasformarli
in conti correnti bancari, dando la possibilità di utilizzarli non solo per il
pagamento delle tasse, ma anche per ricevere accrediti da parte del MEF e per
effettuare pagamenti verso terzi.
Il risultato sarebbe la creazione di un circuito pubblico dei pagamenti,
indipendente dalla Banca d’Italia, dalla BCE e dalle banche private.
Questo circuito consentirebbe di svolgere operazioni di finanza pubblica in
modo assolutamente indipendente dalle pressioni dell’Unione Europea, della BCE,
dei mercati finanziari.
Avremo modo di approfondire la proposta nei prossimi articoli.
Per il momento è importante comprendere che le soluzioni delle monete fiscali
offrono molti vantaggi rispetto alla soluzione dell’uscita secca dall’euro,
vantaggi sia in termini di facilità di attuazione, sia in termini di vantaggi
per le ulteriori riforme del sistema monetario-bancario-finanziario che sono
fondamentali per attuare in Italia (e non solo in Italia) un sistema di regole
funzionali al buon funzionamento dell’economia reale.
Sono più di 10 anni che dico la stessa cosa
Sono d’accordo galloni propose ancora una cosa piu semplice i buoni pasto in busta paga possono diventare moneta. Basta emissioni di bot trsferibili all estero
Ottimo articolo, Davide, come sempre. Fra le attuali cose difficili, a quanto sembra, c’è anche quella di trovare politici italiani che pensino al bene dell’Italia e degli italiani… sic!!! Occorrerà incoraggiarli in qualche modo e ricordare ai Ministri che prestano giuramento sulla Costituzione…
al punto 5: Potrebbe quindi emettere una nuova valuta per finanziare la ripresa dell’economia interna, continuando a rispettare i vincoli europei per quanto riguarda i bilanci in euro. ma sono proprio i vincoli eu che ci massacrano, eventualmente sarebbero da ridiscutere totalmente, altro che rispettarli (chi è che ha rispettato noi finora ?) cessare di farlo (così come sono)
poi: la comunicazione . . . guai a chi diffonde notizie che poi si rivelino false . . .
poi: la moneta DEVE essere sovrana (non alternativa)
poi: basta pubblicità politica, non è un tentativo di vendere un prodotto ma una scelta di vita, quindi; solo un documento che illustri dei programmi, niente spot televisivi e manifesti di esperti pubblicitari.
e continui con la moneta parallela . . . no . . . moneta ufficiale.
poi: chi vorrebbe non uscire ma riformarla, così è impossibile, prima smantellare tutto e ripartire da zero in modo serio (introducendo o rafforzando il reato di tradimento, andare contro interessi del paese, ecc.: ecc.: per le pene avrei dei suggerimenti.
poi: problemi legati al sistema bancari . . . banca degli italiani, non banca d’Italia, queste non sono cose per privati (l’interesse di una nazione).
poi: una valida difesa del: fatto in italia, poi sono gli altri che fanno la fila per averlo . . . .
Le cose si devono fare per gradi.
Oggi non abbiamo la forza di cambiare tutto in un colpo solo.
I poteri finanziari ci ricattano in quanto hanno l’esclusiva sulla emissione di denaro.
L’emissione di una moneta parallela pubblica ci libera dal ricatto.
Dopo di che abbiamo il potere contrattuale per fare i passaggi successivi.
La moneta parallela sarebbe “sovrana” a tutti gli effetti.
A quel punto l’euro resterebbe una moneta straniera, che per il momento viene accettata per i pagamenti in Italia.