Un giorno sì e
l’altro pure i giornali ci ricordano che l’Italia ha un debito pubblico troppo
alto, il che giustifica agli occhi dell’opinione pubblica continui tagli di
spesa e continui tentativi di aumentare le entrate, mediante aumenti di tasse
più o meno mascherati.
Quando passiamo 8 ore in attesa al pronto soccorso o quando scopriamo che sono diminuite le
possibilità di detrazioni fiscali per le famiglie, non dimentichiamoci le
ragioni per cui chi ci governa ha fatto in modo che succedesse.
Eh sì! L’Italia
ha un debito troppo alto, perché lo Stato spende troppi soldi…
Chi spende più di quanto incassa, è normale che si indebiti.
Se guardiamo al bilancio previsionale dello Stato del 2019, notiamo effettivamente come
le entrate previste siano di 578 miliardi di euro e che le spese finali
previste siano di 637 miliardi di euro. Al di là delle cifre, è importante
comprendere le dinamiche.
Se lo Stato incassa 578 e spende 637, genera un debito aggiuntivo (deficit) di
59 miliardi.
A questo punto lo Stato sarà obbligato a “chiedere in prestito” questo denaro
ai mercati, agli investitori finanziari e lo farà emettendo nuovi titoli di
stato per un ammontare di 59 miliardi.
Ora, scambiamo
le 2 campanelle e cerchiamo di capire dove si trova la pallina.
Nel bilancio del 2019 in Italia i contribuenti pagano 578 miliardi di tasse.
Nello stesso tempo 3 milioni di dipendenti pubblici e decine di migliaia di
imprese private (con relativi dipendenti), che lavorando fornendo beni e
servizi esterni allo Stato, ricevono 637 miliardi di euro in pagamenti.
Si tratta di persone che tengono famiglia, che usano quel denaro facendo la
spesa nei negozi, pagando l’affitto di casa, acquistando beni e servizi da
imprese private.
Se a queste persone venissero a mancare i pagamenti dello Stato, diventerebbero
disoccupate e senza un salario e non potrebbero rivolgersi ad altre imprese
private, alle quali verrebbero a mancare 637 miliardi di vendite.
Il taglio della spesa pubblica “per ridurre il debito” significa quindi
certamente una riduzione di guadagni per molte imprese del settore privato, non
solo quelle che vendono beni e servizi allo Stato, ma anche per quelle che ne
beneficiano indirettamente.
Persino la spesa “improduttiva” costituisce uno stipendio per molte persone
che, in seguito, faranno acquisti sul mercato privato. Tagliando quella spesa,
diminuirà anche la disponibilità di denaro da essere speso sul mercato privato.
L’altro modo per “ridurre il debito pubblico” generalmente utilizzato è
l’aumento delle tasse. Anche in questo caso al miglioramento del bilancio dello
Stato corrisponderà certamente una minore disponibilità di denaro per cittadini
ed imprese, i quali dovranno sborsare più denaro per pagare le tasse e ne
potranno utilizzare meno per fare acquisti presso altre imprese private. Alla
fine l’effetto sarà simile a quello dei tagli alla spesa pubblica.
La terza
campanella è la spesa per interessi, pari a 78 miliardi di euro.
Considerando
che solo una minima parte degli italiani detiene dei titoli di stato (non era
così 30 anni fa), il bilancio fatto sulle tasche degli italiani è in realtà
pari a (637-78) = 559 miliardi di incassi e 578 miliardi di spese (sotto forma
di tasse). Ovvero nelle tasche degli italiani per il 2019 è stato previsto un
passivo di (559-578) = 19 miliardi di euro.
Se noi italiani abbiamo un passivo, c’è certamente qualcuno che ha un attivo,
che sono i detentori dei titoli di stato (stranieri, banche, fondi e
assicurazioni, Banca d’Italia, ricchi investitori italiani), i quali sia
aggiudicano la “pallina” nascosta sotto la terza campanella.
Supponendo che
il salario lordo di un lavoratore di basso livello sia pari a 25’000 euro
l’anno, il passivo di 19 miliardi di euro significa una perdita diretta di
19’000’000’000/25’000 = 760’000 posti di lavoro.
Ora, la realtà è più complessa, in quanto si creano anche posti di lavoro
grazie alle maggiori esportazioni (fin che la congiuntura internazionale lo
permette) e in quanto gli italiani attingono ai risparmi di famiglia per
inventarsi un nuovo lavoro, ma è del tutto evidente che le attuali politiche di
bilancio “per ridurre il debito pubblico”, che vanno avanti da 27 anni, hanno
un impatto negativo sull’economia del paese.
Queste politiche dette di “austerità” sono in realtà un modo “legalizzato” per sottrarre denaro (dei risparmi) e servizi pubblici al popolo italiano, per garantire l’arricchimento di soggetti per lo più estranei.
Qualcuno a
questo punto ci ricorderà l’imperativo “morale” di dover ridurre il debito
pubblico esistente.
In realtà nessuno chiede all’Italia di “ridurre il debito” in valore assoluto,
ma solo di ridurre il debito in rapporto al Prodotto Interno Lordo (il PIL).
Quindi lo stesso obiettivo potrebbe essere raggiunto non tagliando la spesa e
aumentando le tasse, ma piuttosto facendo il contrario.
Abbiamo visto come i tagli alla spesa e gli aumenti di tasse provochino danni
all’economia privata del paese e, quindi, anche alla crescita del PIL. I danni
non sono solo diretti per coloro che lavorano per lo Stato, ma anche indiretti
per il settore privato che fa affari grazie alla disponibilità di spesa di
coloro che lavorano per lo Stato. Ad esempio se avviene un taglio della spesa
pubblica (o un aumento di tasse) di 100 miliardi, l’effetto sarà un danno di
almeno 150 miliardi.
Se la spesa pubblica aumenta e le tasse diminuiscono, invece, restano più soldi
in tasca a cittadini e imprese, il che consentirà di aumentare gli investimenti
nel settore privato e di far salire il PIL. Anche in questo caso don un
“effetto moltiplicatore” (tecnicamente chiamato “moltiplicatore fiscale”), per
cui un aumento delle spesa pubblica di 100 miliardi porterà un aumento del PIL
di almeno 150 miliardi.
Se l’aumento
del PIL supera l’aumento del debito, allora il rapporto debito/PIL va a
diminuire. Infatti se oggi abbiamo un debito di 2’400 miliardi ed un PIL di
1750 miliardi, con un rapporto debito/PIL 2400/1750 = 1,37 = 137%, con un
aumento della spesa pubblica di 100 miliardi avremo un aumento del debito di
100 miliardi, ma con un aumento del PIL di 150 miliardi, portando il rapporto a
2500/1900 = 1,31 = 131%.
Il tutto portando benefici all’economia reale del paese: più servizi pubblici e
crescita dell’indotto.
Il fatto che su
tv e giornali si parli sempre e soltanto
di tagli alla spesa e di aumenti di tasse e mai della possibilità di fare
il contrario, potrebbe farci sospettare (o darci la certezza) che si tratti
proprio del TRUCCO di chi vuol farci credere le cose sbagliate, per assicurarsi
la propria vincita.
La vincita è costituita dall’acquisto a prezzo di saldo delle nostre principali
imprese, ma di questo ne parleremo in un prossimo articolo.
Esattamente come avviene nel gioco (vietato) delle 3 campanelle.
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