Il problema di quasi tutte le famiglie, ma soprattutto di ogni governo, è che “mancano i soldi”.
Mancano i soldi per attuare i provvedimenti politici che i partiti hanno promesso agli elettori.
Ecco cosa appare da una ricerca su internet, usando le paole chiave “governo + mancano + soldi”:
Coloro che hanno studiato seriamente macroeconomia, e l’hanno capita, sanno benissimo che i soldi oggi si creano dal nulla, da quando nel 1971 ebbe fine lo storico “gold standard”.
Dove mai trova la Banca Centrale Europea il denaro che usa per acquistare sul mercato centinaia di miliardi di euro di titoli di debito pubblico?
Noi quel denaro lo dobbiamo guadagnare lavorando, ma la BCE no, lei il denaro lo stampa e lo mette in circolazione spendendolo.
Ed è giusto che sia così, perché la quantità di denaro in circolazione non può essere costante: se dobbiamo pagare più stipendi (impiegando i disoccupati), se il PIL deve crescere (aumentando gli scambi economici), la quantità di denaro circolante deve necessariamente aumentare. Per questo ne deve essere creato di nuovo, del denaro in più che prima non esisteva.
Questo non significa che abbia un senso ed una utilità creare quantità spropositate di denaro (anche perché si potrebbero creare dei problemi iper-inflattivi del genere), ma solo che le banche centrali hanno, per legge, il potere di trasformare dei pezzi di carta colorata in banconote a corso legale (“per legge”, appunto). Se il denaro viene creato in funzione delle reali necessità dell’economia, non ci sono problemi di iper-inflazione, ma solo benefici.
Se il governo italiano avesse il controllo della propria banca centrale, la Banca d’Italia, potrebbe senza problemi ordinarle di stampare 100 miliardi di euro, per poi consegnarli al Ministero dell’Economia e delle Finanze (il MEF), in modo che siano disponibili per il bilancio del governo.
Se il governo gialloverde uscente si fosse trovato a bilancio 100 miliardi di euro in più da spendere, ci sarebbero state le coperture per il reddito di cittadinanza del M5S, per le infrastrutture proposte dalla Lega e molto altro ancora del loro libro dei sogni.
Con ogni probabilità in governo non sarebbe saltato, cosa che è invece avvenuta, dato che con le attuali ristrettezze di bilancio non si poteva fare a meno di litigare per decidere dove tagliare qualche miliardo di euro, per trovare qualche altro miliardo di euro da stanziare su altre voci, il tutto per rispondere, almeno un po’, ai propri elettori.
Quando parliamo di 100 miliardi in più a bilancio non stiamo parlando di soldi tolti da una voce di bilancio e spostati su di un’altra: stiamo parlando di denaro a bilancio in più rispetto alla raccolta fiscale. Denaro semplicemente aggiunto a bilancio.
Ora, purtroppo tutti sappiamo che la sovranità monetaria è stata ceduta alla BCE e che la BCE è “indipendente” dal potere politico, per cui abbiamo ben poche speranze che Mario Draghi o Cristine Lagarde decidano di aiutare il nostro governo facendoci una “donazion” di 100 miliarsi, anche perché fra l’altro è vietato dallo statuto della BCE, solennemento sottoscritto, a suo tempo, anche dall’Italia (che come sempre brilla per la mediocrità dei suoi politici).
In attesa di una futura riforma della banca centrale europea, vogliamo esporre in questo articolo una soluzione che consentirebbe da subito e con molta facilità all’Italia di disporre di 100 miliardi di euro in più a bilancio. Non 100 miliardi di banconote a corso legale, perché quelle sono, per legge (ma le leggi chi le fa?), una esclusiva della BCE, ma 100 miliardi in una moneta parallela, perfettamente legale, ai sensi dei trattati europei.
Per comprendre il meccanismo della moneta parallela, riprendiamo una storiella che avevamo già riportato in un precedente articolo.
“Il signor Rossi deve recarsi in città per 4 giorni. Di mattina presto si presenta all’hotel e lascia 50 € di caparra insieme alla richiesta di prenotazione per le prossime notti. Essendo di fretta annota con una matita il proprio nome sulla banconota che consegna al signor Mario della reception.
Appena uscito il signor Rossi, Mario annota sul registro i dati del cliente, quindi utilizza subito i 50 € per dare alla cameriera Giovanna l’anticipo richiesto sulla paga.
Giovanna deve organizzare la festa di compleanno del figlio e si reca immediatamente dal pasticcere a comperare il necessario, spendendo tutti i 50 €.
Poco dopo arriva alla pasticceria la consegna di latte fresco dalla campagna, che viene puntualmente saldata con i 50 €. Il trasportatore rientra poi in campagna, dove consegna al contadino i proventi della vendita del latte, usando la banconota da 50 € per il pagamento. Il contadino prende i suoi 50 € e poi torna rapidamente nella stalla dove c’è una mucca malata, con il veterinario che l’assiste.
Dopo che la mucca è stata curata, paga con i 50 € il compenso al veterinario e lo congeda.
Il veterinario si reca quindi in città, dove è atteso per un importante convegno presso l’hotel in cui lavora in signor Mario, dove si ferma anche per cena, pagando l’importo con la banconota da 50 € al signor Mario della reception:
Dopo pochi minuti si presenta alla reception il signor Rossi, di corsa e trafelato, dicendo che deve disdire la prenotazione a causa di un imprevisto e chiedendo la restituzione dei 50 € di caparra.
Il signor Mario cerca nella cassa una banconota da 50 € e scopre con sorpresa che si tratta della stessa banconota con annotato sopra il nome del signor Rossi, che la mattina stessa aveva usato per pagare la cameriera Giovanna. Prende la banconota e la restituisce al signor Rossi che, di corsa, lascia l’hotel e si dilegua.”
Quello che salta subito agli occhi è che il “bilancio familiare” del signor Rossi è pari a zero. Ha ceduto 50 euro e poi li ha ripresi. Non ha perso nulla, non ha guadagnato nulla.
Ma la circolazione di quella banconota ha consentito a molte persone di lavorare e di essere retribuite per il loro lavoro.
Per garantire il lavoro a quelle persone non è stato necessario “spendere” quei 50 €, ma solo farli circolare, per poi farli ritornare a chi li aveva emessi, in modo da riportare a zero l’anticipo di spesa che ha innescato la circolazione monetaria.
La messa in circolazione di soli 50 € ha generato un Prodotto Interno Lordo di ben 350 €.
Dato che il denaro messo in circolazione viene poi ritirato, il meccanismo funziona anche se si utilizza una banconota falsa, ma che tutti ritengono essere vera ed accettano.
Il finale della storia, infatti, era:
“Dopo circa mezz’ora si presenta all’hotel la polizia, dicendo che stanno ricercando un certo signor Rossi che va in giro spacciando banconote false.”
Quello che è importante per assicurare la circolazione monetaria e, quindi, la possibilità di creare denaro “dal nulla”, è che tutti i soggetti coinvolti siano sicuri di poter spendere quel mezzo di pagamento per le proprie necessità.
Vi sono moltissimi casi storici, infatti, in cui si sono utilizzate con successo delle forme di denaro “inconsuete”, che però tutti accettavano e garantiva la propria funzione dei pagamenti.
Si veda, ad esempio, l’uso dei tally sticks in Inghilterra, l’esperienza dell’Isola di Guernsey nel XIX secolo o il caso della cittadina di Worgl, in Austria negli anni 1930.
La più grande testimonianza di funzionamento di questo meccanismo è in realtà sotto gli occhi di tutti noi, ci siamo talmente immersi che non ce ne accorgiamo.
Attualmente almeno il 95% del denaro che utilizziamo non è costituito da banconote a corso legale (quelle emesse dalla BCE), ma è costituito da pagamenti tramite bancomat, bonifici bancari, carte di credito: note scritturali sui computer delle banche private.
Quando io pago 50 € di spesa al supermercato con il mio bancomat, non succede che la mia banca porta delle banconote alla banca su cui si trova il conto corrente del supermercato. Succede, invece, che le banche “si scrivono”, deducendo dal mio conto 50 € e accreditando 50 € sul conto del supermercato presso l’altra banca.
Il sistema bancario, nel suo insieme, tiene conto di tutti gli addebiti e gli accrediti, compensandoli fra di loro, come avvenuto nella storiella del sig. Rossi. Gli accrediti bancari passano di mano in mano, assicurando i pagamenti delle varie prestazioni economiche e, alla fine, i conti in dare e in avere si compensano fra di loro, mantenendo il conto complessivo intorno allo zero, anzi realizzando l’attivo che consente alla banca di guadagnare dalle proprie attività.
[In realtà il sistema comporta maggiori complessità, non sostanziali, legate ai tassi di interesse, di cui non possiamo occuparci in un semplice articolo]
Il 95% del denaro che utilizziamo, dicevamo, non è quindi costituito da moneta a corso legale (banconote), ma da una moneta complementare, scritturale (cifre su dei computer) che viene creata dalle banche. Quando una banca emettere un credito di 100mila euro, “scrive” 100mila sul conto del prestatario, i quali verranno successivamente compensati dai pagamenti delle rate del mutuo, fino a riportare a zero il valore di quel capitale.
Le normative bancarie richiedono delle garanzie alle banche, in cambio dell’autorizzazione di emettere questa forma di denaro parallelo a quello a corso legale, Le garanzie richieste sono (semplificando) la possibilità per i detentori di un deposito bancario di potere convertire quel denaro in banconote a corso legale, più altre garanzie di tipo patrimoniale.
Le banche sanno benissimo che la maggior parte della gente non ha bisogno di convertire i risparmi in banconote, per cui è loro sufficiente detenere una parte minima di “riserve” in banconote per soddisfare le richieste dei clienti, mentre la maggior parte delle persone usa senza problemi la “loro” moneta bancaria, pagando e ricevendo pagamenti con bancomat, carte di credito, bonifici, assegni, ecc.
Questa forma di denaro “privatizzato” comporta certamente dei problemi, ma anche tutti i vantaggi legati alla sua facilità di circolazione, dato che ad ogni pagamento bancario corrisponde una produzione di beni o servizi che sono stati venduti e che costituiscono reddito e lavoro per persone e imprese. Questo lavoro e questo reddito ci sarebbero molto meno, se gli scambi avvenissero solo tramite scambi di banconote, a causa della scomodità dei pagamenti.
E’ la circolazione del denaro, fatta di compensazioni di debiti e di crediti, a generare posti di lavoroe a generare la produzione di ricchezza reale (beni e servizi, il denaro è solo uno strumento di scambio).
Non è l’esistenza statica del denaro a generare posti di lavoro, ma la sua circolazione.
E non è importante che sia denaro a corso legale (la moneta bancaria non lo è, ad esempio), ma è solo necessario che i destinatari del pagamento siano sicuri di potere ri-spendere quel denaro per una loro necessità.
Se la storiella del sig. Rossi avesse avuto questa variante:
“Di mattina il sig. Rossi presto si presenta all’hotel e lascia 50 € di caparra insieme alla richiesta di prenotazione per le prossime notti. Dopo 5 minuti, però, ritorna, disdice la prenotazione, chiede la restituzione della caparra e se ne va inspiegabilmente”
oppure quest’altra:
“Dopo 5 minuti arriva la polizia e sequestra la banconota falsa, chiedendo notizie sul noto falsario Rossi”
In queste due varianti la banconota da 50 € non avrebbe potuto circolare, il che avrebbe impedito l’attuarsi della catena di pagamenti uniti a prestazioni economiche che abbiamo letto nel racconto e non avrebbe generato alcun Prodotto Interno Lordo.
Ritorniamo ora alla proposta iniziale: come potrebbe il governo italiano creare 100 miliardi di euro in più da inserire a bilancio?
Potrebbe farlo aumentando il deficit di bilancio del 5,7% (100 miliardi diviso il PIL di 1750 miliardi), portando quindi il deficit pubblico al 7,7%. Ma questo sarebbe vietato dalle normative europee (limite imposto all’Italia: 2,04%). Per fare un deficit del 7,7% si dovrebbe aprire un complesso contenzioso con l’Unione Europea.
Oppure, in alternativa, l’Italia potrebbe mettersi a stampare delle banconote “non in euro”, senza neppure “uscire dall’euro” (dirlo è facile, ma farlo…).
Questo non sarebbe vietato dai trattati europei, i quali dicono solo che la BCE ha l’esclusività per l’emissione delle euro-banconote.
Tuttavia la circolazione della banconote non è molto efficiente per gli scambi economici. Vanno bene i 50 € per la storia del sig. Rossi, ma la maggior parte degli scambi, oggi, avviene per via elettronica.
E poi: come fare per garantire agli italiani di potere sempre ri-spendere quelle banconote?
La soluzione è che il Governo faccia come fanno le banche, compensando debiti con crediti, sotto forma di note scritturali elettroniche.
Ogni anno gli italiani sono debitori verso lo Stato di circa (semplifichiamo, qui trovate i dati veri) 600 miliardi di euro. E lo Stato è loro creditore.
E ogni anno lo Stato è debitore verso gli italiani di circa 650 miliardi di euro, per pagamenti di stipendi a dipendenti pubblici e verso fornitori, che sono creditori dello stato.
Se lo Stato aggiunge alle due voci di bilancio 100 miliardi, ad esempio aumentando a 750 gli investimenti (pagamenti verso fornitori e dipendenti) e poi incassando 700 miliardi di euro in tassa (come creditore), l’effetto immediato è la messa in circolazione di 100 miliardi a bilancio, con tutti i benefici che possiamo immaginare per chi li percepisce.
Affinché la misura sia efficace, è importante fare è fare in modo che quel denaro creato circoli.
La prima cosa da fare, quindi, è impedire l’accumulo di questa moneta, dato che l’accumulo impedisce la circolazione.
Il modo più efficace per impedire l’accumulo è emettere una forma di moneta “fiscale”, che non possa essere convertita in euro, che possa passare di mano in mano, ma che possa essere spesa, in ultima istanza, solo per pagare le tasse in Italia.
La seconda cosa da fare è evitare che l’incasso fiscale avvenga troppo rapidamente, per evitare le “varianti a PIL zero” della storia del sig. Rossi: se la moneta “fiscale” viene emessa e subito incassata dallo Stato, porta alla creazione di pochi posti di lavoro.
Se, invece, si introduce uno sfasamento temporale fra il momento di emissione ed il momento in cui verranno aumentate le tasse per imporre il ritiro di quel denaro, allora quel denaro ha tempo e modi per circolare e passare di mano in mano, portando ad una aumento del PIL.
Se, ad esempio, si adotta uno sfasamento di 2 anni, quel denaro emesso circolerà nell’economia del paese.
Per aumentare l’efficacia di circolazione di questa moneta parallela sarebbe intoltre opportuno che i 100 miliardi venissero soprattutto spesi verso fasce di popolazione ad alta propensione al consumo: dipendenti pubblici a basso salario, piccole e medie imprese fornitrici dello Stato.
100 miliardi di euro che nel corso di 2 anni passino di mano anche solo 3 volte (e siamo pessimisti, dato che nessuno ha interesse a risparmiarli oltre la propria capacità di spesa fiscale), genereranno un PIL aggiuntivo di 300 miliardi di euro, con relativa creazione di nuovi posti di lavoro, esattamente come lo avevano fatto i 50 euro (veri o falsi che fossero) circolanti nella storia del sig. Rossi.
E, ciliegina sulla torta, l’aumento di 300 miliardi di PIL porterà ad un aumento delle entrate fiscali proporzionato: oggi paghiamo 600 miliardi di tasse (in realtà ne paghiamo di più, qui teniamo conto solo dei dati della Legge di Bilancio nazionale) su di un PIL di 1750 (34,3%), il che significa che un aumento del PIL di 300 miliardi porterà a maggiori incassi fiscali pari al 34,3% di 300 che fa 102,8 miliardi.
In pratica l’Italia si ritroverà con un PIL di 2050 miliardi, ma con imposte da pagare, in euro “veri” sempre ferme a 600 miliardi (anzi 700-102,8 = 597,2 miliardi), dato che i 100 aggiuntivi sono stati “creati dal nulla” dallo Stato. Quindi il carico fiscale “in euro” sarà sceso da 34,3% a 600/2050 = 29,2%.
Quindi la misura porterà non solo più posti di lavoro, ma anche un calo della pressione fiscale reale.
Riepilogando:
1) Il governo emette 100 miliardi “euro-equivalenti” di “moneta fiscale” parallela a quella ufficiale (a corso legale e bancaria). Istituisce per ogni partita IVA ed ogni codice fiscale un conto corrente fiscale gratuito presso il Ministero dell’Economia, sul quale questa moneta fiscale elettronica viene “regalata” ai destinatari, tramite bonifico e come forma di pagamento addizionale a quelli ordinari già previsti in euro.
2) La moneta fiscale avrà una scadenza a 2 anni, dopo di che dovrà essere utilizzata per pagare le tasse. Ad esempio le emissioni del 2020 dovranno essere utilizzate nel 2022 per pagare le imposte. Nel frattempo la moneta fiscala potrà circolare, tramite bonifici fra i vari conti correnti fiscali, in compensazione fra crediti e debiti, come avviene per la moneta bancaria.
3) Le emissioni aggiuntive si potranno ripetere ogni anno, fino al raggiungimento della piena occupazione, grazie alla crescita dell’economia del paese.
Perché la cifra di 100 miliardi?
A parte il numero ad effetto, è una cifra che corrisponde ad un tasso di crescita sostenibile per l’economia italiana, nella situazione in cui si trova oggi.
Se venissero messe in circolazione cifre superiori (200, 300 miliardi), il rischio sarebbe una incapacità del mercato del lavoro di assorbire lo shock, per cui non si guadagnerebbe in efficacia, andando invece a ridurre l’accettabilità dello strumento proposto.
Quanto descritto in modo semplificato, per facilitarne la comprensione, non è altro che la proposta avanzata da diverso tempo dagli amici del Gruppo della Moneta Fiscale, i quali hanno supportato la proposta con calcoli econometrici molto più accurati di quanto si possa esporre in un articoli.
L’esposizione completa e aggiornata della proposta è disponibile a questo indirizzo internet.
Altre proposte che circolano in Italia sono simili.
La proposta dei minibot di Claudio Borghi è in effetti la creazione di una “moneta fiscale”, tuttavia con un tempo di circolazione molto ridotto, in quanto sarebbe subito spendibile per il pagamento delle tasse, il che non lascerebbe il tempo alla moneta di circolare (1-2 mesi, anziché 2 anni), senza quindi generale grandi benefici per l’economia del paese.
La proposta dei SIRE, promossa dall’associazione “Moneta Positiva”, potrebbe funzionare allo stesso modo della “moneta fiscale”, tuttavia sarebbe necessario predisporre dei meccanismi che ne rendano svantaggioso o impossibile l’accumulo (la moneta accumulata, non circola e non genere PIL), oltre alla difficoltà per l’opinione pubblica di accettare una moneta parallela pubblica “ufficiale”, mentre la “moneta fiscale” si presenterebbe come un più accettabile meccanismo di compensazione fra debiti e crediti con lo Stato).
In ogni caso non intendo addentrarmi nei dettagli tecnici delle varie proposte di “moneta parallela pubblica”. Sono certo che se vi fosse la volontà politica, i vari esperti si riunirebbero intorno ad un tavolo, apportando i necessari “ritocchi tecnici” per ottimizzare lo strumento.
La questione centrale, invece, è comprendere che lo Stato ha certamente e in tempi rapidi la possibilità di disporre a bilancio dei 100 miliardi di euro l’anno in più necessari per risollevare l’economia del paese e per dare una speranza ai milioni di poveri e disoccupati che vivono nel paese.
Ecco, come prossimo governo vorrei qualcuno che metta al centro dell’azione politica la creazione di molti posti di lavoro, avvalendosi dello strumento della moneta fiscale, che consentirebbe di dare un lavoro dignitoso ai disoccupati, a ridurre la povertà e ad offrire una speranza di futuro ai nostri giovani, il tutto nel pieno rispetto delle normative europee e con benefici per tutta l’economia italiana.
Potremmo aggiungere ai virtuosismi descritti nell’articolo, il caso di Hjalmar Schacht che da Governatore della Reichsbank, nel 1924, riuscì ad annullare l’iperinflazione tedesca ed ottenne il pareggio del bilancio dello Stato post-Weimar. A beneficio del commercio estero, egli notoriamente ideò un ingegnoso sistema per trasformare gli acquisti di materie prime da altri paesi in commesse per l’industria tedesca. I fornitori infatti erano pagati con strumenti monetari appositi che potevano essere successivamente spesi soltanto per comprare merci fatte in Germania. Il meccanismo stimolò poderosamente il settore manifatturiero, creando positive ricadute salariali che rimanevano in germania. Le materie prime importate erano in estrema sintesi pagate con prodotti finiti dell’industria nazionale, bypassando il limite di una valuta colpita dall’inflazione. Ciò evitava sia il costo dell’intermediazione finanziaria che le fuoriuscite di capitali rafforzando il potere della moneta interno. Il maggior valore prodotto derivava dalla capacità di rilanciare salari e consumi interni, irrigidendo nel contempo la curva di offerta di un marco già ipersvalutato all’atto delle importazioni.
E’ chiaro che l’attuale assoluto ostruzionismo dell’europa governata dai paesi vincenti nella partita dell’Euro verso la creazione di strumenti di liquidità interna (e quindi estranei alle dinamiche di domanda e offerta della valuta Euro) in grado di rilanciare l’economia dei paesi periferici soccombenti che ne gioverebbero, è solo quella di completare un lavoro di predominio economico pianificato e voluto dai primi. Nulla a che vedere con i principi nominali di solidarietà tanto sbandierati!
siete molto astuti. peccato che ci sia un trucco: i 50 euro tornano all’hotel (ci pagano la cena). E se non tornassero all’hotel? i 50 euro dovrebbero uscire dal conto dell’hotel!!! furboni!
Se i 50 euro non tornano all’hotel, passeranno ad altre persone, e alla fine torneranno al punto di emissione.
La nostra società è come un hotel, dove qualcuno (lo stato, le banche) immette denaro, dove questo denaro circola (ad ogni passaggio una produczione di beni e servizi), e dove alla fine viene ritirato da chi lo ha emesso.
Alla fine il conto del denaro va a zero, ma resta l’utile della produzione di beni e servizi che è stata attivata dalla circolazione di quel denaro.