Siamo i raggi di una sola ruota
divisi
come lingotti d’oro
e raggiungiamo con treni e con fiumi
l’insolita unità dell’arancia.
Ode all’arancia, Pablo Neruda
Le arance sono il simbolo buono della Sicilia, un prodotto di cui nulla deve essere sprecato.
E proprio su questa consapevolezza ha preso vita Orange Fiber, azienda nata da un’idea di Enrica Arena e Adriana Santanocito.
Enrica e Adriana sono due ragazze catanesi, studentesse fuori sede a Milano, che hanno mantenuto un forte legame con il proprio territorio d’origine tanto da voler fondare un’azienda per valorizzare e riutilizzare il pastazzo, nutriente biologico ottenuto dagli “scarti” della spremitura delle arance.
Orange Fiber è diventata così anche un lodevole esempio pratico di economia circolare. Un sottoprodotto che finora ha sempre rappresentato un problema per l’intera filiera agrumicola a causa dei suoi elevati costi di smaltimento, infatti, è stato rivalutato grazie ad un innovativo processo di estrazione della cellulosa dagli agrumi atta alla filatura.
Nello specifico, grazie all’utilizzo delle nanotecnologie, vengono inserite nelle fibre dei tessuti delle microcapsule con oli essenziali di agrumi e vitamina C a lento rilascio. Questo procedimento, quindi, aumenta il valore del capo da indossare che risulta bello, ma anche confortevole e funzionale al benessere del consumatore.
La tecnologia è il cuore di questa start-up innovativa sviluppata al Politecnico di Milano che si rivolge all’industria tessile, una delle più redditizie (e allo stesso tempo inquinanti) della Terra. A tal proposito, è bene tenere presente che il trend di crescita del settore è esponenziale, tanto che la produzione mondiale è destinata ad aumentare del 63% entro il 2030, con notevole impatto sull’ambiente e sull’ecosistema terrestre.
A fronte di tutto questo, il modello di economia lineare che dalle materie prime realizza prodotti che una volta consumati producono rifiuti, non è più sostenibile. Oggi, infatti, stiamo utilizzando una volta e mezza le risorse che il pianeta è in grado di rigenerare.
Pertanto, sviluppare aziende innovative e virtuose come Orange Fiber è fondamentale per ridurre il danno ambientale futuro.
Ecco allora che invertire la rotta può diventare possibile e, soprattutto, ineludibile.
Con le nuove norme approvate lo scorso aprile dal Parlamento Europeo- che gli stati membri dovranno recepire entro due anni- anche la Ue sta investendo in questa direzione.
Un quadro legislativo univoco, con competenze e tecnologie a disposizione, permetterà di procedere alla graduale sostituzione del modello usa e getta con il principio del riusiamo/ripariamo.
Ho avuto il piacere di incontrare Enrica Arena a Catania nella sede di Orange Fiber. Sono stata rapita ed affascinata dal suo entusiasmo e da come una semplice intuizione è diventata una storia di grande successo. Riporto di seguito l’intervista e le risposte fornitemi da Enrica:
1. Nella conferenza Greening the Islands di Minorca è emerso come le isole possano essere un luogo privilegiato in cui sperimentare progetti di circolarità allargata dell’economia. Quale è il rapporto tra la vostra capacità di generare vantaggio circolare e il vostro territorio?
Le isole – per le loro caratteristiche naturali e antropiche – rappresentano un luogo privilegiato in cui sperimentare progetti basati sul modello dell’economia circolare.
Gli esempi virtuosi di Sant’Elena, Chumble Island e Helgoland dimostrano come progetti innovativi per un corretto sistema di gestione dei rifiuti e dell’acqua, di produzione di energia sostenibile e di mobilità green siano non solo necessari per la stessa sopravvivenza delle isole – caratterizzate da risorse limitate – ma anche possibili grazie alla cooperazione tra gli attori sociali.
Il nostro progetto Orange Fiber nasce dalla voglia di fare qualcosa per la nostra isola prima di tutto, ma anche dall’esigenza di trasformare un problema in una risorsa economica, portando l’innovazione e la sostenibilità all’interno del comparto tessile e manifatturiero italiano.
Il rapporto profondo che ci lega alla nostra Sicilia, l’amore e il rispetto che da sempre nutriamo per la sua storia, la sua tradizione e le sue preziose risorse, ci ha spinto all’azione.
La fiducia nei rapporti di cooperazione e collaborazione tra aziende, professionisti, ricercatori, agricoltori ed esperti ha fatto sì che il nostro sogno potesse diventare realtà.
E non è tutto: dalla Sicilia – dove ha sede il nostro impianto per l’estrazione della cellulosa da grumi- si sono generate ricadute positive sino a Como. Qui i nostri innovativi filati vengono trasformati in pregiati tessuti sostenibili, unendo l’Italia sotto il segno dell’economia circolare.
2. Quali passi vi hanno portato al successo e quali sono le principali sfide che avete dovuto affrontare?
Trasformare un’idea in un’azienda non è semplice, soprattutto per un progetto industriale come Orange Fiber.
Lo studio di fattibilità condotto in collaborazione con il laboratorio di Chimica dei Materiali del Politecnico di Milano ha rappresentato la prima sfida da affrontare, un passaggio complesso che ha richiesto grande impegno e sacrificio, ma alla fine ha dato i suoi frutti- o meglio- le sue fibre.
L’altra criticità con cui ci siamo spesso confrontate è stata reperire i fondi sufficienti per far progredire il nostro progetto: in questi anni siamo riuscite a superare questo scoglio con un mix di agevolazioni statali, capitale di rischio di Business Angel e il supporto ricevuto da acceleratori e incubatori.
In particolare, i primi prototipi di tessuti sono stati realizzati grazie all’ingresso in società di alcuni imprenditori siciliani e al finanziamento del bando Seed Money di Trentino Sviluppo (programma Operativo FESR 2007-2013 della Provincia Autonoma di Trento con il contributo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale).
A dicembre 2015, grazie al contributo del bando di finanziamento Smart&Start di Invitalia (Ministero Sviluppo Economico), siamo riuscite a far nascere il nostro primo impianto pilota per l’estrazione della cellulosa da agrumi atta alla filatura.
A febbraio 2016, grazie alla vittoria del Global Change Award 2015 – l’iniziativa lanciata dall’organizzazione no-profit H&M Foundation con l’obiettivo di ricercare idee innovative capaci di chiudere il cerchio nell’industria della moda per salvaguardare il nostro pianeta – abbiamo avuto la grande fortuna di poter investire il grant ricevuto in ricerca e sviluppo e beneficiare di un anno di consulenza e accelerazione personalizzata offerta da Accenture e dal KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma per far crescere e consolidare il nostro progetto e la nostra azienda fino all’ingresso sul mercato.
Di recente, infine, siamo state selezionate per entrare a far parte del programma di accelerazione e mentoring di Fashion for Good – Plug&Play, con il supporto del quale stiamo lavorando all’ottimizzazione del processo di produzione dei nostri tessuti e allo scale up industriale.
3. Qual è il ruolo della tecnologia nel vostro business e come credete debba evolvere la tecnologia nel prossimo futuro?
La tecnologia è il cuore della nostra innovazione perché permette di ripensare e riutilizzare un sottoprodotto della filiera alimentare per rifornire un altro segmento ad alto valore aggiunto della nostra economia.
In generale, noi riteniamo che il continuo progresso tecnologico e la “facilità” di condividerlo, modificarlo, replicarlo tempestivamente grazie alle possibilità offerte dal digitale debba tenere al centro le esigenze delle persone e del pianeta che abitiamo. Inoltre, deve anche permettere l’ottimizzazione delle risorse attraverso il loro riciclo e il loro scambio, ma anche attraverso la valorizzazione e la trasformazione.
4. Una iniziativa come la vostra ha sicuramente dovuto affrontare sforzi, rischi e ha richiesto tempo, denaro, creatività e passione. Quali consigli dareste a chi sta muovendo i primi passi nell’economia circolare?
La nostra esperienza ci ha insegnato che è necessario affrontare le grandi sfide dell’imprenditorialità un passo alla volta, senza farsi spaventare dalla complessità e senza perdere di vista la visione strategica.
Nel nostro caso, le sfide più grandi si sono rivelate gradualmente lungo il cammino, approfondendo ogni dettaglio del nostro progetto durante la sua realizzazione. Il consiglio più prezioso che ci sentiamo di dare è di costruire una rete di persone, professionisti e collaboratori di fiducia. Ognuno dei quali con competenze specifiche che possano apportare contributi concreti alla realizzazione dell’idea imprenditoriale. Per noi economia circolare significa filiera industriale: il rapporto con chi opera già nel settore è fondamentale.
5. Nell’economia circolare la collaborazione tra consumatori, aziende, banche, non-profit e amministrazioni pubbliche deve essere continua. Qual è la vostra esperienza rispetto alla relazione con questi attori?
Nei confronti dei nostri clienti diretti, le aziende di moda, abbiamo tenuto in prima istanza un posizionamento di comunicazione generalista del brand legato a sostenibilità, unicità del prodotto e qualità pari o superiore alle alternative in commercio.
Questo ha generato un effetto pull, facendo sì che fossero i brand stessi a contattarci per avere ulteriori informazioni in merito al prodotto, permettendoci così di costruire un rapporto diretto con i referenti dell’ufficio stile, R&S materiali e tendenze e ufficio acquisti.
In seguito, grazie al controllo totale della filiera, abbiamo offerto all’ufficio stile la possibilità di co-creare il materiale, rispettando le proprietà intrinseche del prodotto, ma adattandolo alle loro esigenze di collezione.
Il proporci come “tessuto ingrediente” con una storia legata alla sostenibilità ambientale, al territorio italiano, alle persone che hanno creato il prodotto oltre che alla materia prima di provenienza ci permette di godere di un vantaggio competitivo rispetto alle fibre tessili più comuni sul mercato, che si caratterizzano per un approccio più commerciale e tecnico poco riconosciuto dai consumatori e di conseguenza poco sfruttato ed apprezzato dai brand in termini di comunicazione.
L’avere una buona esposizione mediatica che fa da cassa di risonanza al marchio e ai valori che questo veicola permette ai brand che decidono di inserirci in collezione di avere già dei clienti finali in attesa di un prodotto specifico e sensibilizzati sui contenuti del tessuto stesso, affiancato al design del brand.
Grazie al nostro rapporto diretto con gli uffici stile e con i nostri partner produttivi, abbiamo inoltre l’opportunità di proporre varianti personalizzate, ideate e prodotte sul modello dell’economia circolare. La possibilità di replicare quanto fatto in Italia in altri Paesi che producono il pastazzo sono notevoli. Questo permetterebbe di allargare la produzione rivolgendoci ad una platea più ampia, con un beneficio importante anche per il nostro ecosistema.
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