Draghi ha annunciato che l’abbassamento dei tassi di interesse (alcuni sono già negativi!) ed il quantitative easing continueranno. Senza di essi, vale a dire con tassi di interesse e acquisti di titoli pubblici in linea con quanto fa la FED (a discapito di Trump), sarebbe prevedibile un accumulo di liquidità disponibile solo sulle obbligazioni e, quindi, in grado di mettere in grande crisi le borse, fino ad un loro crollo.
Ma la missione di Matteo Salvini a Washington – se coronata da pieno successo, vale a dire un riavvicinamento Russia-USA in chiave anticinese e antieuropea – apre ad uno scenario di rafforzamento della posizione internazionale dell’Italia. Posizione debole per ragioni che risalgono agli omicidi di Mattei e Moro, alla soppressione di Craxi, alle politiche economiche scelte in Italia dopo il 1981. Di contro, l’UE non è così intelligente da giocarsela bene con la Cina stessa: ben altro c’è da attendersi da Francia e Germania, in grande difficoltà e, sempre, con la carta da giocare di uno svincolamento dall’eurozona per avvicinarsi a superpotenze alternative alla stessa imbelle UE (vedi Africa, per esempio).
D’altra parte, la Russia di oggi è una superpotenza solo militare; non fa paura agli USA come una superpotenza economica.
A casa nostra si delineano scenari chiari, purchè non si finisca a dare con una mano e prendere con l’altra: è importantissimo che al promesso e ineludibile calo (della pressione) delle tasse non faccia da controbilanciamento un pari taglio della spesa pubblica (quella fu la causa prima del crollo della classe media negli USA dei Bush); così il salario minimo deve significare un livello minimo della paga oraria (non la definizione di un “reddito minimo” che, nelle esperienze passate, ha creato più problemi che altro).
Quindi, il taglio delle tasse (necessario, prioritario, sacrosanto e promesso): o si accompagna ad una rottura totale con la Commissione Europea per via del deficit – finchè non si dimostrasse, ma ci vuole almeno un annetto contabile – che alla minore pressione fiscale corrisponde un maggiore gettito; o si accompagna alla introduzione di qualche moneta non a debito (ad esempio, i minibot, a determinate condizioni).
La linea moderata – verso la Commissione – non considera che l’obiettivo della UE consiste nella sottomissione dell’Italia (resa totale e incondizionata, quindi le “trattative” sono inutili: o si china la testa completamente o tanto vale alzare il tiro e prepararsi allo scontro). Paradossalmente, sarebbe meglio trattare con Francia e Germania direttamente, dopo aver portato la comunità sull’orlo di una crisi monetaria e di nervi. Infatti, il comparto metalmeccanico (delizia e croce della Germania) sta entrando in crisi e le tensioni sociali – soprattutto in Francia – stanno aumentando.
Interessante anche la posizione dell’opposizione: ogni due per tre va in giro a raccontare che i conti pubblici sono fuori controllo. Cosa del tutto falsa (magari avessimo un vero disavanzo e non l’avanzo che realizziamo da decenni, ovvero una massa di tasse superiore alle spese al netto degli interessi); ma dannosa per la percezione che i mercati hanno del Paese. Tuttavia ci possiamo consolare: forse i mercati internazionali ignorano le attuali opposizioni. Forse l’entente cordiale di Trump con l’Italia evita lo scatenarsi degli investitori istituzionali americani (che sono grandi detentori dei nostri titoli pubblici) contro di noi.
Draghi fa il suo lavoro; Trump non gode della collaborazione delle due principali banche centrali e le attuali variazioni del cambio non influiscono troppo sui livelli occupazionali e salariali. Invece lo scontro di politiche economiche è fra chi vorrebbe far crescere salari, occupazione, domanda interna (USA e Cina) e chi vorrebbe tutto il contrario (Europa). Se così è anche lo scontro tra Trump e Cina è destinato a trovare l’equilibrio del “win win”. E l’Europa dovrebbe cambiare veramente, ma gli attuali equilibri politici – di poco modificati alle ultime elezioni – sembrano escluderlo. Ci sarà molta turbolenza in Europa e poco spazio per i moderati e le mediazioni.
di Antonino Galloni
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