Quello che accade in un’epoca come la nostra è dimenticare con facilità le origini.
L’atto fondamentale che, passando dall’Assemblea Costituente, ha sancito l’esistenza della sovranità popolare nel nostro Paese è la Costituzione del ‘48. Un concetto che il passare del tempo non ha tramandato, facendo spazio alla necessità di un cambiamento necessario, sotto le spoglie dell’integrazione dell’Europa.
Per comprendere il come si arrivi oggi a far sembrare naturale cambiare le origini, basta chiedere alla maggior parte delle persone se sono in grado di elencare i principi fondamentali della nostra Costituzione e di spiegare come sono attuati nella parte relativa al modello economico-sociale (artt. Da 35 a 47). Un esercizio semplice di verifica della reale conoscenza generale per capire la consapevolezza di ognuno sul “dover ripensare” valori, regole e organizzazione dello Stato, a favore del diritto comunitario.
Nel 2016 il referendum revisionale della Costituzione non è passato, ma il significato del “no” ha carattere prevalentemente politico. Per raggiungere consapevolezza occorre ripartire dalle fondamenta.
Due sono i temi che possono tracciare la rotta del percorso verso la vera cognizione delle differenze tra Costituzione e Trattati Europei e, quindi, decidere cosa scegliamo:
- i principi inviolabili;
- il lavoro.
I primi dodici articoli della Costituzione sanciscono i diritti fondamentali. In particolare ci soffermiamo su:
Principio democratico – art. 1, per il quale è la presenza della democrazia rappresentativa del popolo che garantisce la realizzazione dell’uguaglianza tra i cittadini e il rispetto della persona umana.
Principio personalista – art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. In questa affermazione “riconoscere” significa che i diritti inviolabili dell’uomo sono naturali. Lo Stato è il soggetto che indirizza i processi economici verso il bene comune, mantenendo alta una visione di solidarietà sociale e di società come bene collettivo da tutelare, confermata dal successivo art. 9 nel quale lo sviluppo del Paese è legato alla sua cultura, alla ricerca scientifica, alla tutela del paesaggio e del suo patrimonio artistico.
Principio di uguaglianza – art. 3, che dopo aver dichiarato l’uguaglianza formale di tutti i cittadini, afferma l’importanza di realizzare concretamente l’uguaglianza sostanziale, affinché la persona umana possa svilupparsi pienamente e con il suo lavoro partecipare all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Ed è sempre lo Stato il garante di ciò.
Principio lavorista – artt. 1 e. 4,nei quali si riconosce al lavoro non tanto la funzione economica di reddito materiale, quanto quella di nobilitare l’uomo, di migliorare la qualità della sua vita, nelle due accezioni di diritto e di dovere.
Principio internazionalista – artt. 10 e 11, nei quali dopo aver ribadito di accettare la conformità della Costituzione al diritto internazionale, si ribadisce che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni”.
Attenzione si scrive “limitazioni di sovranità” non “cessioni di sovranità”.
Esaminati questi principi costituzionali, soffermiamoci sui principi dei Trattati Europei.
L’art. 3 del Trattato sull’UE, riconosce all’Unione di basare lo sviluppo sostenibile dell’Europa su:
- una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi;
- un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale;
- la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente.
Il principio della stabilità dei prezzi come obiettivo da realizzare a tutti i costi viene ribadito anche negli artt. 127 in tema di SEBC e 119 del TFUE. Per chiudere il cerchio, in tema di lavoro, l’art. 145 del TFUE afferma come funzione strategica coordinata dell’UE la “promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici”.
Nelle norme comunitarie l’uguaglianza sostanziale, il rispetto della persona umana, il diritto al lavoro, sono sostituiti dallo sviluppo sostenibile dell’Europa. In particolare, da obiettivi che fanno apparire la crescita di un Paese non funzionale allo sviluppo e alla realizzazione del lavoratore ma al raggiungimento del profitto. Si evidenzia la netta contrapposizione della parola “merce” alla parola “lavoratore” e della parola “mercato” a “società come bene comune”. Di conseguenza, ciò che prevale nelle norme comunitarie è un modello sociale orientato al mercato, nel quale, la stabilità dei prezzi favorisce i grandi capitalisti.
Un approfondimento merita il tema della “piena occupazione”, ma su questo dedicheremo un altro articolo, nel quale emergerà il collegamento dei principi fondamentali ai principi economici e la loro attuazione nella parte relativa alla Costituzione economica. Intanto, dopo aver messo a confronto i principi della nostra Costituzione e quelli dei Trattati Europei, quale bene vogliamo realizzare?
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