Veganesimo, il grande inganno

Stop agrindustria OGM fitofarmaci e nuove tecnologie

Produttore e fruttivendolo

di Patrizia Marani,

L’inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui, (cit. W. Shakespeare, La Tempesta)

Fu Henri Kissinger a dettare ai potenti le linee guida di come prendere il controllo del mondo: “Chi controlla l’approvvigionamento alimentare controlla il popolo; chi controlla l’energia può controllare interi continenti; chi controlla il denaro può controllare il mondo”. Per i combustibili fossili sono state combattute e si combattono continue guerre. L’approvvigionamento di denaro è sotto lo stretto controllo dei banchieri centrali, entità private. E il cibo, c’è chi lo controlla o chi lo vuole controllare? E a quale scopo?

Ripercorriamo le tappe della finestra di Overton che, una dopo l’altra in quest’ultimo fatidico ventennio, hanno portato alla demonizzazione di un gruppo di alimenti prediletti dalla specie umana per milioni d’anni, nonché di un intero settore produttivo, quello agricolo. Da un paio di decenni mangiare alimenti di origine animale pare essere diventata un’attività pericolosa. Secondo lo scienziato Colin T. Powell della Cornell University, autore del best seller (pseudo?) scientifico “The China Study”, più del 10 per cento di proteine d’origine animale nella dieta, in particolare di latticini – un duro colpo pure per i vegetariani storici – sarebbe la causa principale dell’aumento imponente del cancro, del diabete e delle malattie cardiocircolatorie, i tre più feroci killer globali. La dieta vegana viene ormai propagandata come la panacea di tutti i mali. Su NETFLIX, da più di un decennio non si contano i documentari dedicati al China Study, ad atleti vegani o ad ammalati guariti miracolosamente praticando il veganesimo. Nel 2015, poi, il coup de théâtre che fa vacillare persino i restanti duri e puri amanti del filetto: l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS pianta l’ultimo chiodo nella bara delle pietanze di carne. IARC classifica tutte le carni rosse come probabile cancerogeno per l’uomo e le carni trattate (“processed”) tout court come cancerogene, del pari al fumo di sigaretta. Senza fare alcuna distinzione fra allevamento industriale e quello di animali allevati al pascolo o allo stato brado o di carni lavorate con tecniche tradizionali e senza l’uso di conservanti come i nostri migliori prosciutti. Ma quali sarebbero allora secondo “gli esperti” le diete salutari e protettive?
Una risposta dettagliata si trova in un report della EAT-Lancet Commission pubblicato da The Lancet nel 2019 denominato “Food Planet Health” – Cibo Pianeta Salute. The Lancet, ricordiamolo, è un’autorevole rivista scientifica che durante la psicopandemia pubblicò uno studio sulla nocività dell’Idrossiclorochina, poi ritrattato perché basato su dati totalmente inventati (!). Chi è invece EAT? Si legge sul sito: EAT è la piattaforma globale per la trasformazione dei sistemi alimentari su base scientifica. E che dice in soldoni il report? Gli alimenti di origine animale – carne e latticini – sono insalubri e sono accostati per insalubrità a zucchero raffinato, sale, grassi saturi e cibo ipercalorico. Al loro posto, “la Commissione descrive una dieta universale di riferimento per la salute, basata su un aumento del consumo di alimenti definiti sani (come verdure, frutta, cereali integrali, legumi e noci) e una diminuzione del consumo di alimenti definiti insalubri (come le carni rosse, lo zucchero e i cereali raffinati)”. Di carne rossa ne sono prescritte trenta calorie al giorno, 1,2% dell’intera dieta giornaliera, ben 811 calorie sarebbero fornite da cereali, 120 dallo zucchero e 14 calorie dagli oli di semi. C’è un piccolo problema, però: i partecipanti alla Lancet Commission, secondo la giornalista scientifica investigativa Nina Teicholz, autrice del best seller “The Big Fat Surprise”, detta la Rachel Carson del movimento nutrizionista (Intervista con Dr. David Perlmutter, 03/04/23), nessuno dei partecipanti alla commissione è privo di conflitti d’interesse e/o di collegamenti con grandi industrie del settore alimentare, incluso il direttore stesso della commissione, Walter Willet. Quest’ultimo è a capo anche dell’influente Harvard Th. Chan School of Public Health, anch’essa lautamente finanziata da aziende produttrici di noci, verdure e frutta congelate, cereali, biscotti, riso, ecc., fra cui i giganti dell’olio vegetale Uniliver e Bunge (source: Nina Teicholz – Science and Politics of Red Meat in 2021). C’è quindi un forte interesse economico che preme per eliminare la carne dal nostro piatto e sostituirla con altri alimenti, ma come vedremo, v’è ben di più in vista: la nascita di un’industria alimentare multi-milionaria totalmente nuova, quella della carne sintetica. Oltre a interessi di natura ideologica.

Paesaggi e pascoli naturali

Fra i teorici del Grande Reset, coniato dal World Economic Forum, consesso che conta fra i suoi partners le maggiori multinazionali produttrici di fitofarmaci e i più grandi traders di carni e cereali e dei loro derivati – sono numerosi gli adepti del “Principio di Gaia” secondo il quale qualsiasi attività umana è considerata una minaccia all’ecosistema terrestre. In un articolo pubblicato su Nature nel 2004, “Arrampicandosi sulla scala della co-evoluzione”, il prof. Schellnhuber, direttore dell’Istituto tedesco Potsdam per la Ricerca dell’Impatto sul Clima, consulente sul clima prima di Angela Merkel e più recentemente di Papa Bergoglio, persino “i primi organismi [..] avrebbero prosciugato l’ambiente di composti energeticamente e strutturalmente utili, restituendo in cambio solo prodotti di scarto degradati”. Figurarsi otto miliardi di umani! Ma c’è un’attività in particolare che è ritenuta un ostacolo al desiderio dei seguaci di Gaia di riportare alla selvaggia forma originaria il pianeta: l’agricoltura. Un’invettiva in dati di questo essenziale settore produttivo la troviamo in un articolo dal titolo “Metà della terra abitabile è usata per l’agricoltura”, pubblicato l’11 novembre 2019 su “Our World in Data”, sito web che riporta dati messi a punto da ricercatori dell’Università di Oxford. “Per gran parte della storia umana, vaste aree del pianeta erano allo stato selvaggio […] ma negli ultimi secoli ha avuto luogo un cambiamento radicale: gli habitat selvaggi sono stati trasformati in terreno agricolo” recita l’articolo. Riavvolgiamo il nastro di soli mille anni e meno del 4% della terra abitabile era dedicata all’agricoltura; ora è ben il 50%! Peccato che nell’anno mille la terra, secondo stime del Population Reference Bureau, ospitasse non più di 400 milioni di persone.
E il settore agricolo più distruttivo per l’ambiente – prosegue l’articolo – è quello della produzione di carne e di prodotti caseari, reo di emettere il 60% delle emissioni di gas serra generate dall’agricoltura (Università di Oxford, 2018). Per di più, l’allevamento animale consuma il 77% del terreno agricolo, se si calcola sia quello adibito alla coltivazione del cibo animale sia quello utilizzato per il pascolo, pur producendo solo il 18% delle calorie globali e un misero 37% dell’apporto proteico mondiale. Sarà vero? Andiamo un po’ a vedere chi finanzia i ricercatori che hanno prodotto questi dati. Sulla lista dei finanziatori di “Our World in Data” figura al primo posto l’immancabile Bill and Melinda Gates Foundation, al secondo la Camp Foundation, al quinto la EA Meta Fund, al sesto la Musk Foundation e al decimo l’OMS, a sua volta finanziata da aziende farmaceutiche e fondazioni private, prima della lista la Bill and Melinda Gates Foundation.
Conclude l’articolo: ora fortunatamente disponiamo degli strumenti per “riportare una parte dei terreni agricoli a foreste e habitat naturali” con l’aiuto sia dei consumatori sia dei produttori che dovrebbero, i primi, mangiare meno alimenti di origine animale e più fagioli e i secondi servirsi dei progressi tecnologici, “dato che la resa dei raccolti è aumentata notevolmente negli ultimi decenni […] Ora per generare la stessa quantità di alimenti prodotta nel 1961 usiamo solo il 30% del terreno agricolo” conclude trionfalmente l’autrice.

Produttore e fruttivendolo

Evviva, ecco dove si voleva arrivare: sempre più agricoltura industriale, ad alta resa e a basso valore nutritivo; fuori i lavoratori e gli animali dai campi, dentro le macchine condotte da AI e i fertilizzanti chimici; sempre più biotecnologia (OGM, tecniche gene drive & C.) e tossici fitofarmaci. Le piccole imprese familiari, quelle che producono alimenti di qualità, non potranno permettersi gli ingenti investimenti necessari e saranno bellamente eliminate, lasciando il settore sotto il controllo di pochi grandi latifondisti come, un esempio a caso, Bill Gates di recente divenuto il maggiore possidente terriero degli USA.

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